Lo studio BrighTNess ha dimostrato che l’aggiunta di carboplatino alla chemioterapia neoadiuvante si traduce in un aumento del tasso di risposta patologica completa (pCR) in pazienti con carcinoma mammario triple negative in stadio II-III.
Una recente presentazione all’ESMO 2021 ha riportato anche un vantaggio in termini di event-free survival, indipendentemente dallo stato mutazionale, germinale, di BRCA.
ONcotwITing commenta i risultati di un’analisi ancillare che analizza le differenti coorti (con o senza mutazione) in relazione a diversi profili genomici e al beneficio ottenuto nei diversi bracci di trattamento in termini di pCR.
Metzger-Filho O, et al. Matched cohort study of germline BRCA mutation carriers with triple negative breast cancer in brightness. NPJ Breast Cancer 2021;7(1):142.
Cosa sappiamo dell’aggiunta del carboplatino alla chemioterapia neoadiuvante con antracicline e taxani?
Tre studi avevano dimostrato un vantaggio in termini di pCR:
Il GeparSixto, il CALGB 40603, l’I-SPY2. Sui risultati dell’I-SPY2, è stato disegnato lo studio BrighTNess, di fase III, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, placebo-controlled.
Lo studio BrighTNess ha arruolato 634 pazienti carcinoma mammario triple negative in stadio II/III (randomizzazione 2:1:1) assegnando i seguenti trattamenti e ottenendo i seguenti tassi di pCR:
Endpoint primario: pCR definita come ypT0/is ypN0
L’analisi è stata condotto considerando i seguenti confronti:
Entrambi i confronti dovevano essere significativi per procedere formalmente all’analisi degli endpoint secondari.
Tuttavia, l’aggiunta di veliparib alla combinazione di carboplatino/paclitaxel non ha determinato un beneficio ulteriore. Pertanto, le analisi riguardo agli endpoint secondari (event free survival, overall survival, sicurezza) sono da considerarsi descrittive.
Cosa ci aspettiamo e cosa sappiamo riguardo al beneficio da carboplatino o da inibitori di PARP in presenza di mutazioni germinali di BRCA?
Ci aspettiamo un beneficio sapendo che queste mutazioni risultano in un difetto nei meccanismi di riparazione del danno al DNA attraverso la ricombinazione omologa.
Sappiamo che, in pazienti con carcinoma mammario triple negative in stadio avanzato, il beneficio da carboplatino è stato documentato nello studio TNT e quello da inibitori di PARP nello studio OlympiAD.
Nello studio BrighTNess, tra il 14 e il 16% delle pazienti in ciascun braccio avevano una mutazione di BRCA1/2 e, nell’analisi di sottogruppo, non sono state osservate differenze riguardo alla probabilità di pCR tra pazienti con o senza mutazione (tasso di pCR: 51% in gBRCA e 48% in non-gBRCA). Un trend verso una maggiore probabilità di pCR è stato osservato fra le pazienti con gBRCA che avevano aggiunto carboplatino/veliparib o carboplatino alla terapia con paclitaxel (57% vs 50% vs 41%).
Fra le pazienti non-gBRCA, i tassi di pCR nei diversi bracci di trattamento sono stati 53% (TVC-AC), 59% (TC-AC), 29% (T-AC).
Un’analisi traslazionale nell’ambito dello studio BrighTNess condotta in 482 delle 634 pazienti ha identificato un valore predittivo di pCR nelle firme genomiche di proliferazione e di immunità (analisi indipendente). Tuttavia, il beneficio da carboplatino non differiva tra sottogruppi basal-like vs. non-basal. D’altro canto, da analisi esploratorie di espressione genica (firma immunologica) avevano suggerito un potenziale beneficio dall’aggiunta di carboplatino in pazienti con dedotto maggior infiltrato di cellule T.
È stato quindi ipotizzato che le pazienti con gBRCA dello studio BrighTNess potessero beneficiare in modo distinto dall’aggiunta di carboplatino o di veliparib alla chemioterapia neoadiuvante in base ai diversi profili di espressione genica.
Analisi oggetto dello studio ancillare
Un’analisi ancillare dello studio ha messo a confronto i casi con mutazione germinale per BRCA1/2 (gBRCA; n = 75) in un rapporto 1:2 con i non-gBRCA (n = 150) esaminati in base al braccio di trattamento, allo stato linfonodale e all’età per valutare i tassi di pCR e l’associazione con la terapia di combinazione platino/inibitore di PARP.
RNA sequencing delle biopsie pre-trattamento dello studio BrighTNess per valutare i diversi profili molecolari (PAM50 e TNBCtype), la proliferazione tumorale (PAM50 proliferation score), l’instabilità cromosomica (CIN70), l’entità dell’infiltrato linfocitario (GeparSixto immune activation signature e TIMER). Tali valutazioni sono state effettuate sia in pazienti con gBRCA che in pazienti non-gBRCA.
La probabilità di pCR non è risultata più alta fra le pazienti con gBRCA che avevano ricevuto chemioterapia standard con carboplatino (OR 0.24, 95% CI [0.04-1.24], p = 0.09) o con carboplatino/veliparib (OR 0.44, 95% CI [0.10-1.84], p = 0.26) rispetto alle pazienti non-gBRCA.
Una proliferazione maggiore in accordo a PAM50, la valutazione con GeparSixto immune, e gli score CIN70 per instabilità genomica sono risultati associati con una maggiore probabilità di pCR nell’intera casistica ma non in modo specifico fra i casi gBRCA.
Nello studio BrighTNess, fra le pazienti con carcinoma mammario triple negative e mutazione germinale di BRCA (gBRCA) non è stata osservata una maggiore probabilità di pCR rispetto alle pazienti senza mutazione (non-gBRCA) quando il carboplatino ± veliparib è stato aggiunto alla chemioterapia neoadiuvante.
Tale analisi non include dati di follow-up a lungo termine e, inoltre, non include valutazioni riguardo alle mutazioni somatiche di BRCA.
I risultati dell’analisi traslazionale vanno presi con cautela e richiedono di essere rivalutati in base alla maturazione dell’event-free survival nel BrighTNess (ESMO 2021) e in studi di fase III nel setting neoadiuvante (studio NRG-BR003 che confronta AC-T vs AC-TC e lo studio NSABP B-56 che confronta VCT-AC vs TC-AC vs T-AC).
Come si spiega che la mutazione gBRCA non abbia predetto il tasso di pCR osservato dall’aggiunta di carboplatino +/-veliparib alla chemioterapia con taxano e antraciclina?
Un’ipotesi è che a causa del difetto nella ricombinazione omologa, i tumori di pazienti con gBRCA possano essere già intrinsecamente sensibili alla chemioterapia standard a base di taxani e antracicline, lasciando meno spazio al valore aggiunto della terapia con platino +/- inibitore di PARP.
Nell’intera coorte di pazienti con gBRCA e nongBRCA, lo score di proliferazione, lo score CIN70 e la firma immunologica GeparSixto sono risultati associati con un tasso di pCR più elevato, identificando i casi che potrebbero trarre maggiore beneficio dall’aggiunta di carboplatino alla chemioterapia neoadiuvante con antracicline e taxani.
Limiti dell’analisi: sample size limitato, analisi non pre-pianificate.
Aggiornamento sullo studio BrighTNess (Loibl S, et al ESMO 2021): Ad un follow-up di 4.5 anni, fra le pazienti trattate con regimi contenenti carboplatino è stata osservato un beneficio in termini di event-free survival (EFS). In particolare, l’EFS a 4 anni è stata del 78.2% con TVC-AC, del 79.3% con TC-AC e del 68.5% con T-AC.
Riconoscendo i limiti legati al disegno statistico, l’EFS ottenuta con la combinazione dei tre farmaci (veliparib, carboplatino, paclitaxel) rispetto alla monoterapia con paclitaxel, è risultata superiore (HR=0.63). Tuttavia, il veliparib non ha prodotto un incremento significativo in EFS rispetto alla combinazione carboplatino/paclitaxel (HR=1.12, non significativo). Una analisi post-hoc ha dimostrato un incremento significativo dell’EFS con TC-AC rispetto a T-AC, con un HR di 0.57.
L’aggiunta del carboplatino alla terapia neoadiuvante con paclitaxel, a completamento di un regime che prevede altri 4 cicli con AC, migliora la EFS in pazienti con carcinoma mammario triple negative, in stadio II-III, indipendentemente dallo stato germinale di BRCA.