Patologia mammaria
Domenica, 10 Gennaio 2021

DUE anticorpi in UNA siringa: doppio blocco anti-HER2 a dose fissa e per via sottocutanea

A cura di Fabio Puglisi


I benefici di una terapia possono essere misurati in vari modi. Si considerano avanzamenti terapeutici l’introduzione di nuovi agenti che migliorano l’efficacia rispetto allo standard o strategie che consentono di ridurre le dosi dei farmaci in funzione del rischio. Dal punto di vista del paziente può essere altrettanto vantaggioso lo sviluppo di formulazioni innovative che mirano a semplificare la somministrazione terapeutica. Lo studio randomizzato di fase III, FeDeriCa, ha dimostrato nel setting neoadiuvante che gli anticorpi monoclonali trastuzumab e pertuzumab possono essere somministrati per via sottocutanea con l'impiego di un’unica siringa. 

Tan AR, et al; Fixed-dose combination of pertuzumab and trastuzumab for subcutaneous injection plus chemotherapy in HER2-positive early breast cancer (FeDeriCa): a randomised, open-label, multicentre, non-inferiority, phase 3 study. Lancet Oncol 2021;22(1):85-97.

 

 

La formulazione sottocutanea di pertuzumab, trastuzumab e ialuronidasi umana ricombinante a dose fissa in una fiala pronta all’uso è stata approvata dall’FDA il 29 giugno 2020. 

Lo studio FeDeriCa è stato disegnato per definire la farmacocinetica, l’efficacia e la sicurezza di tale formulazione confrontandola con quella intravenosa nel setting neoadiuvante, in pazienti con carcinoma mammario HER2-positivo.

Disegno dello studio: randomizzato di fase III, open-label, internazionale, multicentrico, di non-inferiorità. 

Popolazione in studio: pazienti con carcinoma mammario HER2-positivo in stadio precoce operabile, localmente avanzato o infiammatorio in stadio II-IIIC, con PS ECOG <2, e frazione di eiezione ventricolare sinistra ≥55%. 

Randomizzazione (1:1) 

  • Braccio di controllo: combinazione di pertuzumab (840 mg loading dose, poi 420 mg) e trastuzumab (8 mg/kg loading dose, poi 6 mg/kg) per via endovenosa q21 in associazione alla chemioterapia neoadiuvante;
  • Braccio sperimentale: combinazione di pertuzumab e trastuzumab a dose fissa (1200 mg di pertuzumab associati a 600 mg di trastuzumab loading dose in 15 mL, poi 600 mg do pertuzumab associati a 600 mg di trastuzumab in 10 mL), per via sottocutanea q21 in associazione alla chemioterapia neoadiuvante.

Stratificazione: stato dei recettori ormonali, stadio clinic, regime chemioterapico.  

La scelta del regime chemioterapico era a discrezione dell’investigator potendo optare per uno dei seguenti schemi: 

  • AC dose-dense ogni 2 settimane e, a seguire, paclitaxel settimanale
  • AC ogni 3 settimane e, a seguire, docetaxel ogni 3 settimane

Quattro cicli di terapia anti-HER2 erano somministrati in concomitanza con i taxani e, dopo la chirurgia, ne venivano somministrati altri 14 (in totale 18 cicli). 

Primary endpoint: non inferiorità della concentrazione sierica di pertuzumab al ciclo 7 (Ctrough; cioè la concentrazione di pertuzumab prima della somministrazione del ciclo 8). La non-inferiorità era da considerarsi raggiunta se il limite più basso dell’intervallo di confidenza al 90% del rapporto geometrico medio fosse stato ≥ 0.8. 

Tra giugno e dicembre 2018, lo studio ha arruolato 252 pazienti nel braccio standard (somministrazione endovenosa) e 248 nel braccio sperimentale (dose fissa, somministrazione sottocutanea).

Il rapporto medio geometrico della concentrazione sierica di pertuzumab (Ctrough sottocutanea su Ctrough endovenosa è risultato pari a 1.22 (90% CI 1.14–1.31). 

Il tasso di risposta patologica completa è stato identico fra i due bracci:

  • 150/252 (60%; 95% CI 53–66) nel braccio di terapia endovenosa
  • 148/248 (60%; 53–66) nel braccio di terapia sottocutanea

Complessivamente, il profilo di tossicità è apparso simile tra le due formulazioni terapeutiche con l’eccezione prevedibile di una diversa incidenza legata alle differenti vie di somministrazione (reazioni nel sito di iniezione con la dose fissa e maggiore incidenza di reazioni infusionali nel gruppo di somministrazione endovenosa). 

La somministrazione di una dose fissa di pertuzumab e trastuzumab per via sottocutanea si è rivelata non inferiore alla somministrazione endovenosa dei due anticorpi relativamente all’endpoint primario (concentrazione sierica di pertuzumab al ciclo 7).

Il tasso di risposta patologica completa e il profilo di tossicità sono risultati paragonabili con le due modalità di somministrazione. 

Lo studio FeDeriCa è tuttavia ancora incompleto, non fornendo informazioni su efficacia e sicurezza a lungo termine.

Le preferenze delle pazienti riguardo alle diverse modalità di somministrazione del doppio blocco anti-HER2 sono state valutate nello studio PHranceSCa con disegno crossover, di fase 2. In particolare, l’85% delle pazienti (136/160) ha dichiarato di preferire la combinazione sottocutanea e l’87% ha scelto la dose fissa per completare i 18 cicli dopo aver sperimentato entrambi le modalità di somministrazione (O’Shaughnessy J, et al. Ann Oncol 2020; 31 (suppl 4): S306–07).

Rimane da definire quale possa essere il possibile posizionamento della formulazione sottocutanea e se i potenziali vantaggi in termini di risparmio del "tempo poltrona" giustifichino i costi. Oggi per la formulazione endovenosa si dispone del trastuzumab biosimilare che contribuisce al doppio blocco con pari efficacia e sicurezza, a costi sensibilmente inferiori. 

È abbastanza prevedibile che i vantaggi e la maggiore convenienza della terapia sottocutanea rispetto alla endovenosa emergano quando la combinazione pertuzumab/trastuzumab è somministrata come mantenimento e quindi senza la concomitanza della chemioterapia. Scenario quest’ultimo riproducibile anche nel setting del carcinoma HER2-positivo in stadio avanzato. Inoltre, una maggiore capitalizzazione dei benefici potrebbe realizzarsi nel caso in cui venisse sdoganata la somministrazione domiciliare della terapia.