La combinazione chemioterapia + agenti anti-HER2 (trastuzumab e pertuzumab) è messa a confronto con la combinazione dell’immunoconiugato T-DM1 + pertuzumab in uno studio randomizzato di terapia neoadiuvante (KRISTINE). Analizzando i tassi di risposta patologica completa e la tossicità dei diversi regimi, si ricavano spunti interessanti sul trattamento del carcinoma mammario HER2-positivo in stadio precoce.
Hurvitz SA, et al. Neoadjuvant trastuzumab, pertuzumab, and chemotherapy versus trastuzumab emtansine plus pertuzumab in patients with HER2-positive breast cancer (KRISTINE): a randomised,open-label, multicentre, phase 3 trial. Lancet Oncol 2018;19:115-126.
Disegno dello studio KRISTINE: randomizzato di fase 3, multicentrico (68 Centri in Asia, Europa, USA, Canada), setting neoadiuvante.
Popolazione dello studio: pazienti con carcinoma mammario HER2-positivo in stadio II–III operabile (>2 cm tumour size), con PS ECOG 0–1 e frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF) almeno del 55%.
Randomizzazione (1:1) a uno dei seguenti bracci di trattamento:
Stratificazione: stato dei recettori ormonali, stadio alla diagnosi, sede geografica.
Trattamento (in entrambi i bracci, 6 cicli di terapia ogni 3 settimane per via endovenosa):
Endpoint primario: tasso di risposta patologica completa (pCR: ypT0/is, ypN0), nella popolazione intention-to-treat, basato sulla valutazione locale dei campioni chirurgici (interventi effettuati tra i 14 giorni e le 6 settimane dal completamento della terapia neoadiuvante).
Tra giugno 2014 e giugno 2015, 444 pazienti sono state assegnate a ricevere T-DM1 + pertuzumab (n=223) o chemioterapia (docetaxel, carboplatino) + trastuzumab e pertuzumab (n=221).
Il tasso di pCR è stato del 44.4% (99/223) nel gruppo T-DM1/pertuzumab e del 55.7% (123/221) nel gruppo CT/trastuzumab/pertuzumab (differenza assoluta: 11.3%, p=0.016).
In un’analisi multivariata esploratoria, la presenza di espressione dei recettori ormonali e il trattamento con T-DM1/pertuzumab sono risultate associate alla minore probabilità di ottenere una pCR (odds ratios 0.62,95% CI 0.42–0.93 e 0.43, 0.28–0.65, rispettivamente), avendo come riferimento la terapia con docetaxel/carboplatin/trastuzumab/pertuzumab e la negatività dei recettori ormonali.
In termini di tossicità, il trattamento con T-DM1/pertuzumab è stato meglio tollerato (29 eventi avversi di grado 3–4 pari al 13% vs 141 pari al 64% rispettivamente nei due gruppi).
Un trattamento neoadiuvante “tradizionale” (chemioterapia + doppio blocco con agenti anti-HER2) ha prodotto un tasso significativamente superiore di risposte patologiche complete rispetto alla combinazione dell’immunoconiugato T-DM1 con il pertuzumab.
Tuttavia, numericamente parlando, fra le pazienti trattate con chemioterapia e trastuzumab/pertuzumab sono stati osservati più effetti collaterali di grado 3–4.
Lo studio, analogamente a quanto osservato nel trial MARIANNE condotto sulla patologia metastatica, ha dimostrato l’assenza di vantaggio nel combinare il T-DM1 con il pertuzumab.
Speculativamente, si può immaginare una de-escalation del trattamento (solo T-DM1 rispetto alla chemioterapia + agenti anti-HER2) in particolari sottogruppi (es. malattia HER2+ con espressione dei recettori ormonali). Tuttavia, è ancora presto per tali estrapolazioni e bisognerà attendere la maturazione dei dati sulla parte adiuvante dello studio KRISTINE oltre ai risultati dei seguenti studi: