La recente approvazione di due farmaci per il trattamento del carcinoma mammario metastatico ripropone il tema sui requisiti richiesti dalla FDA che sono apparsi particolarmente deboli. Nello specifico, i due trattamenti non solo non hanno prodotto un vantaggio in overall survival, ma il loro effetto sulla progression-free survival è risultato sorprendentemente esiguo (in un caso, si è avuto un guadagno di soli 3 giorni). Allora, prendiamo spunto da un commento su Nature Reviews Clinical Oncology per qualche riflessione.
Gyawali B, Kesselheim AS. FDA approval standards for anticancer agents - lessons from two recent approvals in breast cancer. Nat Rev Clin Oncol 2021 (Epub ahead of print)
Questo tweet fa il paio con quello di sabato scorso che evidenziava come stiano cambiando le pubblicazioni in oncologia. Le riflessioni richiamate con il tweet odierno, pur partendo da un’angolazione differente, riportano al tema su qualità e forza dell’evidenza scientifica.
I pazienti hanno bisogno di farmaci che migliorino la durata e la qualità della vita.
La buona notizia è che, negli ultimi due decenni si è assistito a un numero notevole di nuovi farmaci antitumorali approvati dall’FDA. Alcuni agenti, tuttavia, sono stati approvati nonostante offrissero miglioramenti limitati o nulli in overall survival (OS) o nella qualità della vita (QoL).
Ad esempio, nel 2017, solo 2 (7%) dei 27 agenti antitumorali per tumori solidi dell'età adulta sono stati approvati sulla base di studi con l'OS quale endpoint primario. Piuttosto, la maggior parte degli agenti antitumorali viene ora approvata sulla base di miglioramenti nei cosiddetti indicatori di outcome surrogati, come la progression free survival (PFS) o l’overall response rate (ORR). Se adeguatamente convalidati, tali surrogati possono essere ragionevolmente impiegati. Tuttavia, molti endpoint surrogati non sono stati adeguatamente correlati a veri endpoint clinici.
Inoltre, anche quando la surrogacy è stata validata, qualsiasi miglioramento nelle misure surrogate come la PFS deve essere di entità sufficiente per tradursi in un significativo beneficio in OS.
Recentemente, tuttavia, la FDA ha accettato come dimostrazione di efficacia aumenti in PFS così piccoli che la probabilità che si traducano in miglioramenti significativi in OS è incredibilmente bassa.
Il 25 febbraio 2020, il neratinib, doppio inibitore tirosin-chinasico HER2 e EGFR, ha ottenuto l'approvazione FDA in combinazione con la capecitabina per il trattamento del carcinoma mammario HER2-positivo in stadio avanzato in terza linea o oltre. Questa approvazione si è basata sui risultati dello studio NALA, in cui 621 pazienti che avevano ricevuto ≥ 2 precedenti linee di terapia anti-HER2 per la malattia metastatica sono state assegnate random (1: 1) a ricevere capecitabina + neratinib o lapatinib (un altro doppio inibitore di HER2-EGFR). Nello studio NALA OS e PFS erano co-primary endpoint, con la divisione α tra gli endpoint. Non è stato osservato alcun beneficio in termini di OS (mediana 21 mesi contro 18.7 mesi; HR 0.88, 95% CI 0.72-1.07; P = 0.28). Tuttavia, neratinib è stato approvato in questo contesto sulla base di un miglioramento statisticamente significativo in PFS sorprendentemente esiguo: una semplice differenza di 0.1 mesi (mediana 5.6 mesi contro 5.5 mesi; HR 0.76, IC 95% 0.63-0.93; P = 0.006). Non sorprende che questa differenza di soli 3 giorni nella PFS mediana non si sia tradotta in alcun aumento della QOL. In altre parole, questa approvazione da parte della FDA è per un farmaco che non migliora il modo in cui i pazienti si sentono o la durata della loro vita, ma semplicemente ritarda la progressione radiologica di 3 giorni - e con costi finanziari e fisici sostanziali, inclusa una maggiore incidenza di diarrea di grado ≥3 (24.4% contro 12.5%) e di altri eventi avversi.
Nel secondo esempio, sempre relativo al trattamento di terza linea o successiva del carcinoma mammario metastatico HER2 positivo (inclusa almeno una linea di trattamento anti-HER2 per la malattia metastatica), l’agente margetuximab (un nuovo anticorpo monoclonale anti-HER2 progettato da Fc) è stato approvato dalla FDA il 16 dicembre 2020. Questa approvazione si è basata sui risultati dello studio di fase III SOPHIA, in cui 536 pazienti sono state assegnate random (1: 1) a ricevere chemioterapia più margetuximab o trastuzumab. Anche lo studio SOPHIA aveva OS e PFS come co-primary endpoint, ma con tutto l’α assegnato a PFS. Margetuximab non ha prodotto un miglioramento in OS (mediana 21.6 mesi vs 19.8 mesi; HR 0.89, 95% CI 0.69-1.13; P = 0.33). Al pari dello studio NALA, tuttavia, è stato osservato un miglioramento statisticamente significativo della PFS mediana ma quantitativamente esiguo (5.8 mesi contro 4.9 mesi; HR 0.76, IC 95% 0.59-0.98; P = 0.03). I dati sulla qualità della vita non sono stati pubblicati, sebbene margetuximab sia stato associato a un aumento del tasso di reazioni correlate all'infusione (13.3% contro 3.4%) e condivida altre importanti tossicità con trastuzumab, inclusa quella cardiaca.
L'uso della PFS come indicatore surrogato del beneficio terapeutico ha dimostrato di essere problematico (si vedano gli esempi di bevacizumab, everolimus e alpelisib il cui guadagno ≥5 mesi in PFS mediana non si è tradotto nella dimostrazione di un vantaggio in OS). In alcuni di questi casi, è stato ipotizzato l’effetto delle terapie successive o del crossover per spiegare la mancanza di benefici in OS.
Nel caso di neratinib e margetuximab, tuttavia, queste spiegazioni non sembrano appropriate.
Indipendentemente da ciò, la domanda dovrebbe essere se un farmaco che ha un effetto così sorprendentemente piccolo sulla PFS possa fornire di per sè un beneficio clinico ai pazienti. Non sorprende affatto, invece, che una differenza in PFS così esigua non si sia tradotta in un vantaggio in OS. Sarebbe sorprendente il contrario.
La FDA ha un percorso di approvazione accelerato specifico per i farmaci che non hanno ancora dimostrato un miglioramento clinico ma che, sulla base del loro effetto sugli endpoint surrogati, è verosimile che lo dimostrino successivamente. Gli agenti approvati tramite questo percorso devono fornire un beneficio clinico in uno studio di conferma, altrimenti la loro approvazione può essere revocata. La FDA, tuttavia, ha concesso l'approvazione regolare di neratinib e margetuximab, che è tradizionalmente riservata ai farmaci che hanno dimostrato un miglioramento dell'OS e/o della qualità della vita, o risultati surrogati sufficientemente validati.
Quando ad un farmaco viene concessa un'approvazione regolare, l’FDA ha meno autorità nell’imporre prove di conferma post-approvazione o nel revocare l'approvazione se le prove successive non dovessero mostrare miglioramenti rilevanti in OS o QOL.
Ad esempio, dopo meno di 2 anni dall'approvazione accelerata, il pembrolizumab è stato ritirato come trattamento per il carcinoma polmonare a piccole cellule perché l'endpoint OS dello studio di conferma di fase III KEYNOTE-604 non è stato raggiunto, nonostante un miglioramento in PFS (co-primary endpoint). Per ragioni simili, molti altri agenti ai quali era stata precedentemente concessa l'approvazione accelerata sono stati ritirati o sono in corso di revisione da parte della FDA. Pertanto, l'approvazione regolare di neratinib e margetuximab sulla base di piccoli miglioramenti in PFS, e in assenza di beneficio nel co-primary endpoint OS, è incoerente.
Un’asticella così bassa non si comprende, non si comprende questa inversione di marcia. Sono ignorati anni di ricerca scientifica, peraltro riconosciuti dagli stessi organi regolatori (FDA inclusa), nei quali è stata ribadita l’importanza di considerare la significatività clinica piuttosto che la sola significatività statistica. Non è così che aiutiamo i nostri pazienti, non è di questo che hanno bisogno.