Patologia mammaria
Giovedì, 05 Dicembre 2024

Un endpoint, una pubblicazione: KEYNOTE-522 fa il tris di NEJM

A cura di Fabio Puglisi

Nel vasto panorama del trattamento dei carcinomi triplo negativi (TNBC), il trial KEYNOTE-522 si guadagna a pieno titolo il riconoscimento di pietra miliare. Lo studio valuta la combinazione di pembrolizumab, un inibitore di PD-1, alla chemioterapia neoadiuvante e adiuvante. Dopo i risultati iniziali in termini di risposta patologica completa (pCR) e di sopravvivenza libera da eventi (EFS), il puzzle si completa con il tassello della sopravvivenza globale (OS). Le tre tappe sono state celebrate con altrettante pubblicazioni sul prestigioso New England Journal of Medicine. 

Schmid P, et al. Overall Survival with Pembrolizumab in Early-Stage Triple-Negative Breast Cancer. N Engl J Med 2024;391(21):1981-1991. 

Nel contesto del trial KEYNOTE-522, 1174 pazienti con TNBC in stadio II-III sono state assegnate random (2:1) a ricevere un trattamento neoadiuvante con pembrolizumab (200 mg ogni 3 settimane) in combinazione con paclitaxel (80 mg/m²/settimana) e carboplatino (AUC 5 ogni 3 settimane o 1,5 mg/m²/settimana) e, a seguire, in combinazione con doxorubicina (60 mg/m²) o epirubicina (90 mg/m²) più ciclofosfamide (600 mg/m²). Dopo la chirurgia, le pazienti hanno ricevuto pembrolizumab o placebo come terapia adiuvante per 9 cicli. 

Gli endpoint primari includevano la risposta patologica completa (pCR, definita come ypT0/Tis ypN0) e la sopravvivenza libera da eventi (EFS), mentre la sopravvivenza globale (OS) era un endpoint secondario chiave. L'analisi statistica si è avvalsa di modelli di Cox e test log-rank stratificati, e i risultati sono stati riportati ad un follow-up mediano di 75.1 mesi.

Al data cutoff (22 marzo 2024), i dati mostrano un beneficio significativo con pembrolizumab:

  • Sopravvivenza globale (OS): A 5 anni, l'OS stimata è stata dell’86.6% (IC95%: 84.0-88.8) nel gruppo pembrolizumab contro l’81.7% (IC95%: 77.5-85.2) nel gruppo placebo (P=0.002). Hazard Ratio (HR) per evento morte: 0.65 (IC95%: 0.51-0.83).
  • Sopravvivenza libera da eventi (EFS): A 5 anni, l’EFS è stata dell’81.2% (IC95%: 78.3-83.8) con pembrolizumab e del 72.2% (IC95%: 67.4-76.4) con placebo. HR per evento recidiva o morte: 0.65 (IC95%: 0.51-0.83).
  • Recidive a distanza: Ridotte con pembrolizumab (9.8% vs 14.4%).

Il beneficio è stato confermato nei sottogruppi con diversa espressione di PD-L1, stato nodale e dimensioni tumorali. In pazienti senza risposta patologica completa, pembrolizumab ha ridotto comunque il rischio di morte (30.4% vs 39.3%).

Gli eventi avversi di grado ≥3 sono stati più frequenti nel gruppo pembrolizumab (77.1% vs 73.3%), includendo neutropenia (34.5%), anemia (18.0%) e tossicità immuno-mediata (13.0% vs 1.5%). Gli eventi immuno-mediati più comuni includevano ipotiroidismo (15.1%) e polmonite (2.2%).

Il trial KEYNOTE-522 conferma il ruolo trasformativo di pembrolizumab nel TNBC in stadio precoce, offrendo un beneficio significativo in termini di OS e EFS rispetto alla sola chemioterapia neoadiuvante. 

Nello specifico, l'aggiunta di pembrolizumab alla chemioterapia migliora in modo significativo OS ed EFS a 5 anni, indipendentemente dalla risposta patologica completa o dallo stato di PD-L1. Il beneficio assoluto in termini di OS è stato di quasi 5 punti percentuali, risultato particolarmente rilevante in una popolazione con prognosi generalmente sfavorevole, dove ogni miglioramento nella sopravvivenza globale rappresenta un importante passo avanti.

I benefici di pembrolizumab si estendono anche ai pazienti con malattia residua dopo la chirurgia, suggerendo che l’efficacia del trattamento non si limita alla capacità di indurre una pCR, ma si traduce in una protezione duratura contro le recidive, soprattutto quelle a distanza, che rappresentano il principale fattore prognostico nel TNBC. La capacità di pembrolizumab di modificare l’interazione tumore-sistema immunitario potrebbe spiegare la persistenza di questi effetti nel tempo.

Tuttavia, la maggiore incidenza di eventi immuno-mediati, sebbene gestibile, richiede un attento monitoraggio, soprattutto considerando che alcune tossicità potrebbero essere irreversibili. Inoltre, la complessità del trattamento, con una lunga durata e un’elevata intensità, solleva interrogativi sull’ottimizzazione del regime. Sarebbe auspicabile esplorare l’efficacia di regimi meno intensivi o il ruolo di biomarcatori predittivi.

Tra i quesiti irrisolti in ragione del disegno dello studio, ricordiamo la mancata informazione su: 

  • Efficacia relativa delle fasi neoadiuvante vs adiuvante.
  • Ruolo di capecitabina e, nelle pazienti con rispondenti ai criteri dello studio Olympia, ruolo di olaparib come opzione adiuvante.
  • Ruolo di regimi chemioterapici dose-dense