Sin dalla sua pubblicazione, lo studio ADAURA ha stimolato il dibattito scientifico: da una parte chi sottolinea il grande vantaggio in disease-free survival associato all’impiego di osimertinib come terapia adiuvante del NSCLC EGFR mutato, dall’altra chi sottolinea l’assenza del dato di sopravvivenza globale. Ora abbiamo i risultati dello studio ad un follow-up più maturo…
Herbst RS, Wu YL, John T, Grohe C, Majem M, Wang J, Kato T, Goldman JW, Laktionov K, Kim SW, Yu CJ, Vu HV, Lu S, Lee KY, Mukhametshina G, Akewanlop C, de Marinis F, Bonanno L, Domine M, Shepherd FA, Urban D, Huang X, Bolanos A, Stachowiak M, Tsuboi M. Adjuvant Osimertinib for Resected EGFR-Mutated Stage IB-IIIA Non-Small-Cell Lung Cancer: Updated Results From the Phase III Randomized ADAURA Trial. J Clin Oncol. 2023 Jan 31:JCO2202186. doi: 10.1200/JCO.22.02186. Epub ahead of print. PMID: 36720083.
La rivista JCO dedica una sezione, Clinical Trial Updates, alla presentazione di risultati aggiornati di studi che abbiano già visto la pubblicazione dell’endpoint primario. E’ il caso dello studio ADAURA, che qualche anno fa ha già visto pubblicati i risultati dell’analisi primaria di disease-free survival e che ora vede pubblicati su JCO i risultati osservati con un follow-up maggiore.
ADAURA era uno studio randomizzato di fase III, condotto nei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) in stadio IB- IIIA, caratterizzato da mutazione comune di EGFR (delezione dell’esone 19 o L858R dell’esone 21). Dopo essere stati sottoposti a resezione chirurgica e ad eventuale chemioterapia, i pazienti erano randomizzati, in rapporto 1:1, a ricevere osimertinib (alla dose standard di 80 mg al giorno) oppure placebo.
L’analisi già pubblicata aveva documentato un netto vantaggio in disease-free survival, che era l’endpoint primario dello studio: nella popolazione principale dello studio (ovvero i pazienti in stadio II-IIIA), l’hazard ratio era 0.20, intervallo di confidenza al 99.12% 0.14 –0.30; p< 0.001).
A fronte di tale risultato eclatante, molto interesse è riposto nell’analisi dei dati dello studio con un follow-up più maturo. Quanto dura il beneficio ottenuto con osimertinib rispetto al placebo? Si esaurisce al momento dell’interruzione del trattamento adiuvante o prosegue nel tempo? Quale impatto si osserverà sulla sopravvivenza globale? Ad alcuni di questi quesiti – ma non a tutti – risponde la pubblicazione di JCO di gennaio 2023, che presenta i risultati dello studio aggiornati all’aprile 2022.
Nella popolazione di pazienti con neoplasia in stadio II-IIIA, con un follow-up mediano pari a 44.2 mesi nel braccio di osimertinib e 19.6 mesi nel braccio di controllo, l’hazard ratio per la disease-free survival è risultato pari a 0.23 (intervallo di confidenza al 95% 0.18 – 0.30). A 4 anni, la chance di essere liberi da malattia è risultata pari al 70% nel braccio trattato con osimertinib e pari al 29% nel braccio trattato con placebo.
Nella popolazione complessiva (inclusi quindi i pazienti con neoplasia in stadio I), l’hazard ratio per la disease-free survival è risultato pari a 0.27 (intervallo di confidenza al 95% 0.21 – 0.34). A 4 anni dalla randomizzazione, la chance di essere liberi da malattia è risultata pari al 73% nel braccio trattato con osimertinib e pari al 38% nel braccio trattato con placebo.
Il braccio trattato con osimertinib è risultato associato a un numero minore di eventi rispetto al braccio trattato con placebo, sia in termini di recidive locali / regionali che in termini di recidive a distanza. L’hazard ratio per la disease-free survival a livello del sistema nervoso centrale, nella popolazione di pazienti in stadio II-IIIA, è risultato pari a 0.24 (intervallo di confidenza al 95% 0.14 – 0.42).
L’analisi degli eventi avversi, anche a un follow-up più lungo, ha sostanzialmente confermato il profilo di tollerabilità di osimertinib già documentato dall’analisi primaria.
Sulla base dei dati sopra sintetizzati, gli autori della recente pubblicazione di JCO concludono che osimertinib conferma l’efficacia già documentata dall’analisi primaria, quando impiegato come terapia adiuvante nei pazienti con NSCLC con mutazione di EGFR sottoposti ad intervento chirurgico radicale. Il giudizio favorevole deriva dalla conferma, ad un follow-up mediano ora superiore alla durata del trattamento con osimertinib, del netto vantaggio in disease-free survival, insieme con i dati di netto beneficio in termini di riduzione del rischio di progressione a livello encefalico, nonché di riduzione del rischio sia di recidive locali che a distanza.
Al momento della pubblicazione del risultato primario, molti avevano sottolineato l’assenza del dato di sopravvivenza globale, ritenuto da qualcuno indispensabile per giudicare in maniera completa il valore del trattamento adiuvante con osimertinib. In altre parole, il dubbio di alcuni è che l’indiscutibile superiorità in disease-free survival, espressione dell’impiego per 3 anni di un farmaco chiaramente efficace nel controllare la malattia, potrebbe ridursi se, al momento della progressione, i pazienti assegnati al braccio di controllo ricevessero un beneficio nettamente maggiore dall’impiego di osimertinib per controllare la malattia recidivata, rispetto a quelli che lo hanno già ricevuto in assenza di malattia macroscopica.
Non c’è dubbio che i dati di sopravvivenza globale saranno importanti, anche per meglio caratterizzare l’outcome di malattia dal momento della recidiva in poi, ma è altrettanto vero che il beneficio in disease-free survival è talmente “netto” da meritare probabilmente un valore intrinseco, non solo come potenziale surrogato del beneficio in sopravvivenza. A 4 anni dalla randomizzazione, quindi 1 anno dopo l’interruzione del trattamento previsto dal protocollo, la probabilità di essere liberi da malattia è praticamente doppia (anche più che doppia nei pazienti in stadio II-IIIA), e questo rappresenta probabilmente un valore intrinseco per i pazienti.
Siamo consapevoli che non è questo risultato a poter risolvere l’annoso dibattito sul valore degli endpoints nel setting adiuvante, ma sicuramente i risultati dello studio ADAURA fanno riflettere sul valore della dimensione del beneficio: riduzione del rischio relativo di oltre il 70%, curve graficamente lontanissime tra loro sono elementi la cui “rilevanza clinica” NON è archiviabile semplicemente sottolineando l’assenza dei dati di sopravvivenza globale.
Da sottolineare che lo studio ADAURA non valutava l’efficacia dell’osimertinib in alternativa alla chemioterapia, ma come eventuale integrazione della chemioterapia stessa che, come noto, è da tempo raccomandata dalle linee guida nazionali ed internazionali sulla base della dimostrazione di un beneficio in sopravvivenza globale, per quanto i dati nel sottogruppo di pazienti con mutazione di EGFR siano – ovviamente- meno solidi di quelli ottenuti negli studi complessivi.