Un’altra tappa dello sviluppo degli immune-checkpoint inhibitors nel tumore del polmone: gli onori delle pagine di Lancet sono per lo studio di fase II randomizzato che ha confrontato atezolizumab al docetaxel nei pazienti pretrattati.
Fehrenbacher L, Spira A, Ballinger M, Kowanetz M, Vansteenkiste J, Mazieres J, Park K, Smith D, Artal-Cortes A, Lewanski C, Braiteh F, Waterkamp D, He P, Zou W, Chen DS, Yi J, Sandler A, Rittmeyer A; POPLAR Study Group. Atezolizumab versus docetaxel for patients with previously treated non-small-cell lung cancer (POPLAR): a multicentre, open-label, phase 2 randomised controlled trial. Lancet. 2016 Mar 9. [Epub ahead of print]
A ruota rispetto ai risultati ottenuti con nivolumab e pembrolizumab, sono stati recentemente pubblicati su Lancet I risultati di un importante studio di fase II randomizzato che ha confrontato, nei pazienti pretrattati con tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) avanzato, atezolizumab vs. chemioterapia con docetaxel.
Atezolizumab, a differenza di nivolumab e pembrolizumab, è un anticorpo diretto contro PD-L1 (e non PD-1).
Lo studio, condotto in 61 centri in 13 nazioni tra Europa e Nord America, prevedeva l’inserimento di pazienti che avessero fallito una precedente chemioterapia a base di platino. Per essere eleggibili, i pazienti dovevano avere un performance status pari a 0 o 1 secondo ECOG e malattia misurabile secondo i criteri RECIST 1.1.
Lo studio prevedeva la stratificazione in base al livello di espressione di PD-L1 sulle cellule dell’infiltrato tumorale, in base all’istologia e in base alle precedenti linee di terapia.
I pazienti assegnati al braccio sperimentale ricevevano atezolizumab alla dose di 1200 mg.
I pazienti assegnati al braccio di controllo ricevevano docetaxel alla dose standard di 75 mg/m2 ogni 3 settimane.
L’espressione basale di PD-L1 è stata misurata sia sulle cellule tumorali che sulle cellule dell’infiltrato.
Per quanto riguarda l’espressione di PD-L1 sulle cellule tumorali, i casi sono stati classificati in:
Per quanto riguarda l’espressione di PD-L1 sulle cellule dell’infiltrato tumorale, i casi sono stati classificati in:
Endpoint primario dello studio era la sopravvivenza globale nella popolazione complessiva, e un’analisi per sottogruppi prevedeva il confronto in termini di sopravvivenza globale nei sottogruppi divisi sulla base dell’espressione di PD-L1.
Complessivamente, tra agosto 2013 e marzo 2014, lo studio ha visto la randomizzazione di 273 pazienti, 144 assegnati al braccio sperimentale con atezolizumab e 143 assegnati al braccio di controllo con docetaxel.
La sopravvivenza globale nella popolazione complessiva dello studio è risultata pari a 12.6 mesi con atezolizumab vs. 9.7 mesi con docetaxel (Hazard Ratio 0.73, intervallo di confidenza al 95% 0.53 – 0.99, p=0.04).
L’analisi esploratoria dell’associazione tra espressione di PD-L1 e efficacia del trattamento ha suggerito un aumento dell’efficacia di atezolizumab all’aumentare dell’espressione di PD-L1:
L’atezolizumab è risultato complessivamente ben tollerato rispetto al docetaxel:
Lo studio degli immune check-point inhibitors nel tumore del polmone avanzato è come un puzzle che, studio dopo studio, vede l’aggiunta di nuovi tasselli. Lo studio pubblicato su Lancet ha testato in un setting di fase II l’efficacia di atezolizumab in pazienti pretrattati, confrontandolo con lo “sparring partner” tipico della seconda linea, vale a dire il classico docetaxel ogni 3 settimane.
I risultati si aggiungono a quanto già ottenuto con nivolumab e con pembrolizumab. Rimane un “puzzle” la definizione del ruolo predittivo dell’espressione di PD-L1 sull’efficacia di tali farmaci. Nello studio di atezolizumab, i pazienti sono stati classificati sulla base dell’espressione di PD-L1 sulle cellule tumorali e/o sulle cellule dell’infiltrato, e le analisi per sottogruppi suggeriscono una relazione tra l’intensità dell’espressione e l’efficacia della terapia immune.
Mese dopo mese, si accumulano le evidenze a sostegno dell’efficacia di questa categoria di farmaci in un setting tradizionalmente “ostico” come il trattamento di seconda linea del NSCLC. Ahimé, anche per questi farmaci si ripete lo sviluppo “su binari paralleli” che abbiamo criticato per altre categorie di farmaci: in questo caso, l’assenza di evidenze di confronto diretto si somma alla poca chiarezza sul ruolo predittivo dei biomarkers, con dati non direttamente confrontabili, sia in termini di test impiegato che di interpretazione dei risultati.