Gli studi clinici descrivono un’alta percentuale di seconde linee nei pazienti con tumore del polmone avanzato con mutazione di EGFR.. ma qual è il dato nella pratica clinica? Ce lo dice uno studio osservazionale italiano, appena pubblicato su Lung Cancer.
Vavalà T, Follador A, Tiseo M, Galetta D, Morabito A, Di Maio M, Martelli O, Caffo O, Piovano PL, Cortinovis D, Zilembo N, Casartelli C, Banna GL, Ardizzoia A, Barzelloni ML, Bearz A, Genestreti G, Mucciarini C, Filipazzi V, Menis J, Rizzo E, Barbieri F, Rijavec E, Cecere F, Bria E, Spitaleri G, Rossi A, Novello S. BE-POSITIVE: Beyond progression after tyrosine kinase inhibitor in EGFR- positive non small cell lung cancer patients: Results from a multicenter Italian observational study. Lung Cancer. 2016 May;95:73-81.
Da diversi anni, gli inibitori di tirosino-chinasi di EGFR (gefitinib, erlotinib, afatinib) rappresentano la prima scelta terapeutica nei pazienti con NSCLC avanzato selezionati per la presenza di mutazione dell’EGFR. Peraltro, nonostante l’iniziale controllo di malattia, dopo un certo numero di mesi la comparsa di resistenza e la conseguente progressione sono purtroppo la regola: per tutti i pazienti, quindi, si pone il problema della decisione relativa all’eventuale trattamento di seconda linea.
Se è vero che - recentemente nell’ambito di sperimentazioni cliniche e prossimamente anche nella pratica clinica - saranno disponibili farmaci di nuova generazione che potranno essere presi in considerazione in molti di questi pazienti, finora non è stato così.
Obiettivo dello studio BE-POSITIVE era quello di raccogliere, anche retrospettivamente, i dati riguardanti il trattamento dei pazienti con NSCLC avanzato EGFR mutato nella pratica clinica, con l’obiettivo primario di descrivere la proporzione di pazienti che, al fallimento della prima linea con un EGFR inibitore, ricevono un trattamento di seconda linea.
Lo studio mirava a descrivere la tipologia del trattamento somministrato e l’outcome dei pazienti, in termini di risposta obiettiva, sopravvivenza libera da progressione e sopravvivenza globale.
Lo studio, coordinato presso l’Oncologia Polmonare dell’Ospedale San Luigi Gonzaga di Orbassano (Torino), ha raccolto i dati dei pazienti trattati dal giugno 2009 al maggio 2013 presso 24 istituzioni italiane.
Complessivamente, includendo sia i pazienti descritti retrospettivamente sia quelli inseriti nella fase prospettica, lo studio ha raccolto i dati di 312 pazienti.
Come atteso, trattandosi di una popolazione di casi con mutazione di EGFR, la maggior parte erano donne (65%), non fumatori (64%) e con adenocarcinoma (93%). Le mutazioni più rappresentate erano la delezione dell’esone 19 (60% dei casi) e la L858R dell’esone 21 (31%).
Al momento dell’analisi dei dati, il 95% dei pazienti che avevano interrotto il trattamento di prima linea per progressione di malattia aveva ricevuto un trattamento di seconda linea (includendo però in tale definizione anche i pazienti che avevano ricevuto una semplice terapia di supporto o il solo trattamento locale senza terapia sistemica).
Nel dettaglio, 163 pazienti (pari al 59%) avevano ricevuto un trattamento antitumorale di seconda linea, ottenendo una risposta obiettiva nel 21% dei casi, una sopravvivenza libera da progressione mediana pari a 4.7 mesi e una sopravvivenza globale mediana pari a 24.5 mesi.
In particolare, il 66% dei pazienti che hanno ricevuto un trattamento sistemico di seconda linea ha ricevuto una doppietta contenente platino (e in particolare il 60% ha ricevuto pemetrexed in combinazione con cisplatino o carboplatino). Nel 21% dei casi la seconda linea consisteva invece in una mono-chemioterapia. Meno del 10% dei casi ha ricevuto un EGFR inibitore come seconda linea, e in questi casi la scelta più comune era afatinib.
Lo studio BE-POSITIVE propone un’interessante “fotografia” delle decisioni cliniche al momento della progressione di malattia dopo trattamento con inibitore di EGFR nei casi di NSCLC avanzato con mutazione di EGFR.
I risultati dello studio dimostrano che una percentuale non trascurabile di pazienti non riceve una terapia di seconda linea, nella maggior parte dei casi per scadimento al momento della progressione che compromette la possibilità di prendere in considerazione ulteriori trattamenti attivi.
I dati relativi all’outcome dal momento della progressione di malattia confermano che la prognosi di questi pazienti, anche in un setting di real life, è mediamente molto migliore rispetto all’andamento di malattia nei pazienti wild-type.
D’altra parte, i risultati in termini di risposte obiettive e PFS sottolineano che l’efficacia dei trattamenti di seconda linea proposti nella casistica considerata era comunque limitata, e quindi in questo setting la prossima disponibilità di nuovi farmaci target, in grado di garantire elevate percentuali di risposte obiettive e un lungo controllo di malattia, rappresenterà un’importante possibilità terapeutica aggiuntiva.