C’è molto interesse per le “biopsie liquide”, che potrebbero consentire la diagnosi molecolare su siero / plasma senza ricorrere al prelievo di tessuto. Un recente lavoro su JAMA Oncology descrive l’analisi mutazionale di EGFR sul sangue dei pazienti partecipanti allo studio EURTAC.
Karachaliou N, Mayo-de las Casas C, Queralt C, et al. Association of EGFR L858R Mutation in Circulating Free DNA With Survival in the EURTAC Trial. JAMA Oncol. Published online February 26, 2015.
In tutti i tumori solidi, e in particolare in quelli (come il tumore del polmone) nei quali la disponibilità di tessuto tumorale è spesso condizionata dalla difficoltà del prelievo, c’è molto interesse per la possibilità di eseguire analisi molecolari sul DNA tumorale circolante, quindi su un semplice campione di sangue periferico. Spesso, tuttavia,questi tentativi hanno evidenziato una sensibilità abbastanza limitata dell’analisi molecolare sul sangue.
A fine febbraio 2015, sono stati pubblicati su JAMA Oncology i risultati di un’analisi secondaria, prespecificata, dello studio EURTAC. Tale studio, ben noto, ha confrontato erlotinib vs chemioterapia con platino come trattamento di prima linea dei pazienti con NSCLC avanzato selezionati per la presenza (diagnosticata sul tessuto) di mutazione attivante di EGFR (delezione dell’esone 19 o L858R). Lo studio, condotto in pazienti caucasici, è annoverato tra quelli che hanno dimostrato la superiorità del TKI rispetto alla chemioterapia.
Il protocollo dello studio EURTAC prevedeva la raccolta basale di sangue periferico, sul quale è stata analizzata, mediante tecnica di real-time PCR (Taqman), la presenza di mutazione di EGFR.
Gli autori hanno descritto sopravvivenza globale, sopravvivenza libera da progressione e risposte obiettive dei pazienti, divisi sulla base del tipo di mutazione identificata (delezione del 19 vs L858R) sia a livello del tessuto tumorale che del sangue periferico.
Le analisi sul sangue periferico sono state possibili solo su un sottogruppo di pazienti randomizzati: 97 su 173 (57%), in quanto negli altri il campione non era disponibile per le analisi, oppure era inadeguato (per quantità insufficiente o per presenza di emolisi).
Sui 97 pazienti disponibili per le analisi (ovviamente tutti positivi per la presenza di mutazione di EGFR sul tessuto tumorale), a livello del sangue periferico l’impiego della tecnica di RT-PCR ha consentito di identificare la mutazione in 76 casi (78%).
La sopravvivenza è risultata significativamente diversa nei pazienti con DNA circolante positivo per i due diversi tipi di mutazione: in particolare, la sopravvivenza era peggiore per i casi con L858R (OS mediana 13.7 mesi) rispetto ai casi con delezione dell’esone 19 (OS mediana 30.0 mesi, p<0.001), con Hazard Ratio pari a 2.70 (intervallo di confidenza al 95% 1.60 – 4.56). Una simile differenza è stata evidenziata anche in termini di PFS (Hazard Ratio 2.04, intervallo di confidenza al 95% 1.20 – 3.48, p=0.008).
Limitando l’analisi ai pazienti con mutazione L858R diagnosticata sul tessuto tumorale, la prognosi è risultata diversa tra quelli nei quali la mutazione era rilevata anche sul sangue rispetto a quelli nei quali la ricerca sul sangue era negativa (sopravvivenza mediana 13.7 mesi vs 27.7 mesi, Hazard Ratio 2.22, intervallo di confidenza al 95% 1.09 – 4.52, p=0.03).
L’analisi pubblicata su JAMA Oncology dal gruppo cooperativo coordinato da Rafael Rosell è interessante per vari motivi.
Innanzitutto, dimostra che, almeno con l’impiego di alcune tecniche, la ricerca della mutazione di EGFR sul sangue periferico può essere eseguita con una discreta sensibilità (78%), risultato superiore rispetto alla sensibilità più modesta riscontrata in altre serie.
In prospettiva, l’affinamento della tecnica diagnostica è particolarmente importante, perché potrebbe consentire di eseguire lo screening per la presenza di mutazioni anche sul sangue periferico: è chiaro quindi che la situazione ideale imporrebbe una sensibilità prossima al 100%, in quanto il risultato falso negativo escluderebbe dal miglior trattamento disponibile un paziente portatore della mutazione.
Ad oggi, l’analisi sul sangue è riconosciuta solo nei casi in cui il tessuto tumorale non sia valutabile. La scheda tecnica di gefitinib recita infatti: “Quando si considera l'uso di gefitinib come trattamento per il NSCLC localmente avanzato o metastatico, è importante che la presenza della mutazione dell’EGFR del tessuto tumorale sia cercata per tutti i pazienti. Se un campione del tumore non è valutabile, allora può essere utilizzato il DNA tumorale circolante (ctDNA) ottenuto da un campione di sangue (plasma).” Peraltro, è probabile che i risultati degli studi in corso porteranno, nel prossimo futuro, novità in quest’ambito, nel senso di una maggiore diffusione delle determinazioni sul sangue periferico nella pratica clinica.
L’altro aspetto importante dell’analisi di EURTAC è che il risultato conferma la diversa prognosi associata ai due tipi più comuni di mutazione di EGFR. Questo dato va letto quindi insieme ai risultati recentemente ottenuti con afatinib: nell’analisi combinata dei due studi LUX-Lung, infatti, afatinib si dimostrava nettamente migliore della chemioterapia nei pazienti con delezione dell’esone 19, ma non nei casi con L858R. E’ quindi opportuno che le due alterazioni molecolari vengano analizzate separatamente, in quanto associate ad un comportamento biologico e clinico abbastanza diverso.