Patologia polmonare
Lunedì, 01 Luglio 2024

Cambierà la prima linea del tumore del polmone avanzato EGFR mutato?

A cura di Massimo Di Maio

Pubblicati sulle pagine del New England Journal of Medicine i risultati dello studio MARIPOSA. La combinazione di amivantamab e lazertinib ha prodotto, nei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule EGFR mutato candidati a prima linea di trattamento, una PFS mediana di 7 mesi più lunga rispetto ad osimertinib.

Cho BC, Lu S, Felip E, Spira AI, Girard N, Lee JS, Lee SH, Ostapenko Y, Danchaivijitr P, Liu B, Alip A, Korbenfeld E, Mourão Dias J, Besse B, Lee KH, Xiong H, How SH, Cheng Y, Chang GC, Yoshioka H, Yang JC, Thomas M, Nguyen D, Ou SI, Mukhedkar S, Prabhash K, D'Arcangelo M, Alatorre-Alexander J, Vázquez Limón JC, Alves S, Stroyakovskiy D, Peregudova M, Şendur MAN, Yazici O, Califano R, Gutiérrez Calderón V, de Marinis F, Passaro A, Kim SW, Gadgeel SM, Xie J, Sun T, Martinez M, Ennis M, Fennema E, Daksh M, Millington D, Leconte I, Iwasawa R, Lorenzini P, Baig M, Shah S, Bauml JM, Shreeve SM, Sethi S, Knoblauch RE, Hayashi H; MARIPOSA Investigators. Amivantamab plus Lazertinib in Previously Untreated EGFR-Mutated Advanced NSCLC. N Engl J Med. 2024 Jun 26. doi: 10.1056/NEJMoa2403614. Epub ahead of print. PMID: 38924756.

Il trattamento dei pazienti affetti da tumore del polmone non a piccole cellule (non-small cell lung cancer, NSCLC) avanzato, con mutazione dell’Epidermal Growth Factor receptor (EGFR) è tra quelli che negli ultimi anni ha visto i maggiori cambiamenti nella pratica clinica. La chemioterapia a base di platino aveva lasciato il posto agli inibitori di EGFR di prima generazione, poi l’arrivo di osimertinib ha determinato una modifica dello standard, dimostrandosi nettamente superiore ai precedenti inibitori di EGFR.

Osimertinib è un farmaco relativamente poco tossico, e come altri farmaci orali ha consentito di “allontanare” dalle poltrone del day hospital, per un periodo mediamente lungo, questi pazienti. Tali caratteristiche ne fanno uno standard finora “solido”. Naturalmente, la comparsa di resistenze e di progressione di malattia dopo un periodo di controllo di malattia più o meno lungo rendono importante la ricerca di trattamenti sperimentali che consentano di migliorare gli outcome anche in questo setting.

La combinazione di amivantamab più lazertinib è stata sperimentata negli ultimi anni, ed ha dimostrato risultati clinicamente importanti in pazienti che erano stati già trattati con osimertinib.

Lo studio randomizzato di fase III MARIPOSA ha testato la combinazione in confronto con osimertinib.

Lo studio randomizzava, in rapporto 2:2:1, a:
- Amivantamab + Lazertinib (in aperto, trattandosi di un trattamento in parte parenterale, a differenza degli altri bracci)
- Osimertinib (in cieco)
- Lazertinib (in cieco)

Erano eleggibili pazienti con NSCLC localmente avanzato o metastatico, EGFR mutato (delezione dell’esone 19 o L858R del’esone 21), che non avessero avuto precedenti trattamenti per la malattia avanzata.

Endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione (progression-free survival, PFS) per il braccio trattato con amivantamab e lazertinin rispetto al braccio di controllo trattato con osimertinib, sulla base di una valutazione centralizzata indipendente, in cieco.

Lo studio ha visto complessivamente la randomizzazione di 1074 pazienti. Nel dettaglio, 429 pazienti sono stati assegnati al braccio sperimentale trattato con amivantamab e lazertinib, 429 sono stati assegnati al braccio di controllo con osimertinib, e ulteriori 216 pazienti sono stati assegnati al braccio sperimentale trattato con lazertinib).

La sopravvivenza libera da progressione è risultata significativamente migliore nel braccio trattato con amivantamab e lazertinib rispetto al braccio trattato con osimertinib (mediana pari a 23.7 e 16.6 mesi rispettivamente; hazard ratio 0.70; intervallo di confidenza al 95% 0.58 - 0.85; p<0.001).
Una percentuale elevata ha ottenuto risposta obiettiva in entrambi i bracci: nel dettaglio, 86% dei pazienti (intervallo di confidenza al 95%, 83-89) con amivantamab e lazertinib, 85% dei pazienti (intervallo di confidenza al 95%, 81-88) con osimertinib.

Nei pazienti con una risposta obiettiva confermata (che erano 336 nel braccio sperimentale trattato con amivantamab e lazertinib e 314 nel braccio trattato con osimertinib), la durata mediana della risposta è stata pari a 25.8 mesi e 16.8 mesi, rispettivamente nei 2 bracci.

L’analisi ad interim della sopravvivenza globale ha evidenziato un hazard ratio pari a 0.80 (intervallo di confidenza al 95% 0.61 - 1.05) per amivantamab + lazertinib.

La percentuale di pazienti che hanno interrotto il trattamento a causa di eventi avversi è stata superiore con amivantamab e lazertinib (10%) rispetto al 3% dei pazienti trattati con osimertinib.

Sulla base dei risultati sopra sintetizzati, la combinazione di amivantamab e lazertinib ha dimostrato una sopravvivenza libera da progressione più lunga rispetto all’osimertinib, con una differenza non piccola in termini di PFS mediana (circa 7 mesi).

Lo studio confrontava un trattamento orale come osimertinib a un trattamento più complesso in termini di somministrazione (amivantamab in particolare era somministrato per via endovenosa, con un impegno non indifferente in termini di tempo di somministrazione e di rischi di reazioni legate all’infusione).

Da questo punto di vista, sono stati accolti con molto interesse i risultati presentati all’ASCO 2024 con la somministrazione sottocutanea di amivantamab, che in combinazione con il lazertinib si è dimostrata non inferiore nel confronto con la somministrazione endovenosa, ma in un setting diverso da quello dello studio MARIPOSA (lo studio PALOMA-3, infatti, presentato da Natasha Leighl, era condotto in pazienti che avessero avuto progressione di malattia con osimertinib e con chemioterapia. Certamente la somministrazione sottocutanea di amivantamab semplificherebbe tantissimo il suo impiego, rispetto alla somministrazione endovenosa.

La valutazione del vantaggio di un trattamento sperimentale rispetto all’attuale standard di prima linea (osimertinib) deve necessariamente tener conto dei vari endpoint che, come tasselli di un mosaico, contribuiscono alla definizione del valore: progression-free survival, sopravvivenza globale, risposte obiettive, tossicità, qualità di vita (last but not least). Sicuramente, il dato di PFS ottenuto dalla combinazione di amivantamab e lazertinib è molto interessante. Sarà ancora più interessante vedere come risponde ai trattamenti successivi la malattia, e quindi quale diventerà la sequenza migliore nei pazienti con NSCLC EGFR mutato.

Una soddisfazione, comunque, è rappresentata dal fatto che, in un setting dove fino a circa 15 anni fa lo standard era la chemioterapia, oggi si possono ottenere controlli di malattia che in prima linea raggiungono mediane di un anno e mezzo se non due anni.