E’ noto che i pazienti oncologici che ricevono dosi non minime di corticosteroidi sono esclusi dal trattamento immunoterapico: uno studio dimostra che effettivamente, in chi riceve steroidi al momento dell’inizio della terapia, l’efficacia dell’immunoterapia è compromessa.
Arbour KC, Mezquita L, Long N, Rizvi H, Auclin E, Ni A, Martínez-Bernal G, Ferrara R, Lai WV, Hendriks LEL, Sabari JK, Caramella C, Plodkowski AJ, Halpenny D, Chaft JE, Planchard D, Riely GJ, Besse B, Hellmann MD. Impact of Baseline Steroids on Efficacy of Programmed Cell Death-1 and Programmed Death-Ligand 1 Blockade in Patients With Non-Small-Cell Lung Cancer. J Clin Oncol. 2018 Aug 20:JCO2018790006. doi: 10.1200/JCO.2018.79.0006. [Epub ahead of print] PubMed PMID: 30125216.
L’immunoterapia rappresenta un trattamento standard per numerosi pazienti affetti da tumore del polmone, tumore del rene, melanoma, e presto anche per altri tipi di tumore. I corticosteroidi rappresentano un importante presidio per la gestione delle tossicità da immunoterapia nei pazienti oncologici, ma è noto che, proprio per il meccanismo d’azione e la capacità di ridurre l’attività del sistema immunitario, l’assunzione di corticosteroidi in quantità non minime rappresenta un criterio di esclusione per il trattamento immunoterapico.
Vari studi hanno tranquillizzato sull’impiego di corticosteroidi in corso di trattamento immunoterapico, nel senso che il ricorso ai corticosteroidi per la gestione di eventuali effetti collaterali dell’immunoterapia non si ripercuote negativamente sull’efficacia del trattamento. Peraltro, dal momento che l’assunzione di steroidi rappresentava criterio di esclusione in tutti gli studi registrativi, questi ultimi non hanno fornito evidenze relative all’efficacia dell’immunoterapia nei pazienti che, per motivi clinici diversi, assumessero steroidi al momento della valutazione basale.
Uno studio recentemente pubblicato dal Journal of Clinical Oncology fornisce evidenze proprio su questa tipologia di pazienti, che erano esclusi dagli studi registrativi.
Lo studio è basato sull’analisi di pazienti affetti da tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) trattati presso due centri, uno statunitense (Memorial Sloan Kettering Cancer Center) e l’altro francese (Gustave Roussy Cancer Center). Tutti i pazienti, naive al trattamento immunoterapico al momento della valutazione basale, hanno poi ricevuto un farmaco anti-PD1 (nivolumab o pembrolizumab) in monoterapia. Gli autori hanno raccolto l’informazione relativa all’assunzione di corticosteroidi al momento della valutazione basale.
Obiettivo dell’analisi era quello di descrivere l’outcome dei pazienti che assumessero corticosteroidi al momento dell’inizio del trattamento immunoterapico, rispetto ai pazienti che non li assumevano.
L’outcome del trattamento è stato descritto in termini di:
L’analisi è stata condotta su una casistica complessiva di 640 pazienti trattati con un farmaco antiPD1 in monoterapia. Di essi, 90 (pari al 14% della casistica complessiva) ricevevano, al momento dell’inizio dell’immunoterapia, corticosteroidi a un dosaggio uguale o superiore a 10 mg di prednisone o equivalenti.
I pazienti ricevevano corticosteroidi per la dispnea (33%), per la fatigue (21%), per la presenza di metastasi encefaliche (19%).
Sia nella casistica statunitense (485 pazienti) sia nella casistica francese (185 pazienti), l’impiego di corticosteroidi al momento dell’inizio dell’immunoterapia è risultato associato a una ridotta proporzione di risposte obiettive, a una ridotta sopravvivenza libera da progressione e a una ridotta sopravvivenza globale.
L’analisi multivariata, nella popolazione congiunta dei due centri, corretta per storia di fumo, performance status e presenza di metastasi encefaliche, ha evidenziato un impatto significativamente negativo dell’impiego di corticosteroidi sia in termini di sopravvivenza libera da progressione (hazard ratio 1.3, p=0.03) sia in termini di sopravvivenza globale (hazard ratio 1.7, p<0.001).
Sulla base dei suddetti risultati, gli autori concludono che l’assunzione basale di corticosteroidi a dosi significative (maggiore o uguale a 10 mg di prednisone o dose equivalente) compromette significativamente l’efficacia dell’immunoterapia in pazienti affetti da NSCLC avanzato trattati con un farmaco antiPD1.
Tale risultato aggiunge evidenza dalla "real life" rispetto a quanto già noto.
Nella pratica clinica, rispettando le schede tecniche dei farmaci immunoterapici, si raccomanda di evitare l’utilizzo di corticosteroidi sistemici e di altri immunosoppressori al basale, prima di iniziare il trattamento immunoterapico, a causa della loro potenziale interferenza con l'attività farmacodinamica.
Naturalmente, corticosteroidi sistemici ed altri immunosoppressori possono essere utilizzati dopo aver iniziato l’immunoterapia per trattare le reazioni avverse immuno-correlate. I risultati preliminari mostrano che l'immunosoppressione sistemica dopo l'inizio del trattamento immunoterapico sembra non precluderne l’efficacia.