Sulle pagine di Nature e Nature Medicine sono stati pubblicati, praticamente in contemporanea, numerosi articoli frutto del lavoro del TRACERx Consortium. Analisi di fondamentale importanza sull’evoluzione del tumore del polmone, con importanti implicazioni cliniche. Uno di essi è focalizzato sull’analisi del DNA circolante.
Abbosh, C., Frankell, A.M., Harrison, T. et al. Tracking early lung cancer metastatic dissemination in TRACERx using ctDNA. Nature (2023). https://doi.org/10.1038/s41586-023-05776-4
Il lavoro del TRACERx Consortium, coordinato da Charlie Swanton, sta producendo dati di grande rilevanza per la comprensione della biologia del tumore del polmone e per le possibili implicazioni cliniche.
Negli ultimi anni, il DNA tumorale circolante (circulating tumour DNA, ctDNA) è stato oggetto di grande attenzione, in numerosi tipi di tumori, per la possibilità, tra le altre applicazioni, di identificare la presenza di tumore residuo dopo che il paziente ha ricevuto un trattamento con intento guaritivo (ad esempio, un intervento chirurgico per un tumore del polmone diagnosticato in stadio iniziale).
Grazie all’analisi dei pazienti inclusi nello studio TRACERx, gli autori hanno studiato il ruolo del ctDNA come biomarcatore “filogenetico” di recidiva nel tumore del polmone non a piccole cellule (non-small cell lung cancer, NSCLC) in stadio precoce. L’analisi si è basata sulla disponibilità di prelievi di plasma ripetuti nel tempo, in una casistica studiata con un lungo follow-up.
L’analisi si basava sulla caratterizzazione del profilo molecolare del tessuto tumorale sottoposto a resezione, e le mutazioni individuate a livello tissutale (una mediana di 200 mutazioni) sono state seguite longitudinalmente in prelievi di plasma ripetuti nel tempo (un totale di 1069 campioni di 197 pazienti).
Dal punto di vista clinico, i pazienti inseriti nello studio erano gestiti secondo pratica clinica, sia in termini di esami di follow-up che di eventuale somministrazione di chemioterapia adiuvante.
I casi caratterizzati da assenza di ctDNA nel plasma prima dell’intervento chirurgico si caratterizzano per un andamento indolente, con prognosi favorevole rispetto agli altri casi. La proporzione di casi con ctDNA positivo preoperatorio è risultata minore nei casi di adenocarcinoma rispetto alle altre istologie, come già evidenziato in studi precedenti. Molti dei casi positivi alla valutazione preoperatoria avevano all’esame istologico un coinvolgimento linfonodale mediastinico, anche se negativi alla stadiazione strumentale pre-operatoria.
I 52 casi di adenocarcinoma negativi all’analisi del ctDNA preoperatorio avevano una sopravvivenza globale migliore (90% vivi a 2 anni, intervallo di confidenza al 95% 82 – 99%) rispetto ai casi con bassa quantità di ctDNA (63% vivi a 2 anni, intervallo di confidenza al 95% 46-85%) e ai casi con elevata quantità di ctDNA (24% vivi a 2 anni, intervallo di confidenza 8-74%).
L’analisi eseguita sul plasma dopo l’intervento chirurgico (nei 120 giorni successivi) ha consentito di identificare ctDNA nel 25% dei pazienti operati. Questi pazienti comprendevano il 49% di tutti i pazienti che, nel corso del successivo follow-up, hanno avuto una recidiva di malattia documentata.
Nei pazienti inizialmente negativi (assenza di ctDNA nella prima determinazione “precoce” post-chirurgica), le successive determinazioni seriali (eseguite con cadenza trimestrale o semestrale) hanno consentito di identificare precocemente una recidiva di malattia in un ulteriore 20% di pazienti. Nel lavoro è descritto nel dettaglio il “lead time”, vale a dire l’anticipazione diagnostica rispetto all’identificazione clinico-strumentale della recidiva.
Gli autori hanno sviluppato uno strumento bioinformatico (ECLIPSE) basato sull’elaborazione dei risultati delle analisi molecolari a livello del tumore e del ctDNA. L’obiettivo dello strumento è quello di consentire di tracciare l’architettura subclonale del tumore.
ECLIPSE ha identificato alcuni pazienti con disseminazione metastatica policlonale, associata a una prognosi peggiore.
Misurando le frazioni subclonali a livello del plasma preoperatorio, gli autori hanno evidenziato che i subcloni corrispondenti a future metastasi erano maggiormente rappresentati rispetto a subcloni non metastatici.
Il fascino delle analisi dell’ambizioso progetto TRACERx è che non si limitano a un rilevante contributo alla comprensione della biologia del tumore del polmone, ma offrono importanti implicazioni per potenziali applicazioni cliniche.
Negli ultimi anni la possibilità di impiego di un trattamento neoadiuvante sta acquistando importanza maggiore rispetto al passato, ma nel complesso la gestione degli stadi precoci di NSCLC, pur avendo testimoniato importanti innovazioni in termini di terapia neoadiuvante e adiuvante, rimane subottimale.
I risultati di questa pubblicazione del TRACERx fanno intravedere interessanti possibilità di incorporare nuovi biomarker (tra cui la determinazione pre- e post-operatoria del ctDNA) nella gestione del NSCLC in stadio precoce, allo scopo di essere meno aggressivi in pazienti probabilmente guariti con il solo trattamento chirurgico, e viceversa sperimentare strategie più aggressive nei casi a prognosi peggiore.
La medicina personalizzata, che tanti progressi sta facendo nella malattia metastatica, può diventare molto più di uno slogan anche nella gestione degli stadi iniziali.