Da vari anni, la metformina rappresenta un esempio di tentativo di “repurposing drugs” in ambito oncologico. Ora uno studio randomizzato ne valuta l’efficacia, in combinazione allo standard, nei casi di tumore del polmone con mutazione di EGFR.
Arrieta O, Barrón F, Padilla MS, et al. Effect of Metformin Plus Tyrosine Kinase Inhibitors Compared With Tyrosine Kinase Inhibitors Alone in Patients With Epidermal Growth Factor Receptor–Mutated Lung Adenocarcinoma: A Phase 2 Randomized Clinical Trial. JAMA Oncol. Published online September 05, 2019. doi:10.1001/jamaoncol.2019.2553
il progetto Repurposing Drugs in Oncology ha identificato più di 230 farmaci non oncologici per cui sono state prodotte evidenze (più o meno preliminari) a favore di un potenziale utilizzo nella cura dei tumori. Molti di questi farmaci, in commercio da molti anni, non sono più coperti da brevetto, e costano pertanto molto poco rispetto ai nuovi farmaci antitumorali. Come spiegano Pan Pantziarka dell’Anticancer Fund e Munir Pirmohamed e Nasir Mirza dell’University of Liverpool in un editoriale sul BMJ (Pantziarka Pan, Pirmohamed Munir, Mirza Nasir. New uses for old drugs BMJ 2018; 361 :k2701), il repurposing drug, vale a dire sperimentare l’attività e l’efficacia antitumorale di farmaci già disponibili in commercio per altre indicazioni, permetterebbe di risparmiare tutte quelle risorse, in termini sia di tempo che di denaro, che caratterizzano le prime fasi di sperimentazione di un farmaco.
Tra i farmaci per i quali è stato più studiato, in ambito antitumorale, il potenziale “repurposing” è sicuramente la metformina, farmaco antidiabetico per il quale si sono accumulate molte evidenze precliniche e molti dati clinici, in massima parte retrospettivi, che hanno suggerito una possibile efficacia antineoplastica.
Sulla base di dati preliminari che hanno suggerito, in particolare, una possibile sinergia tra la metformina e gli inibitori dell’Epidermal Growth Factor Receptor (EGFR) nei tumori del polmone caratterizzati da mutazione di EGFR, è stato disegnato uno studio di fase II randomizzato per valutare l’efficacia di tale combinazione rispetto alla terapia standard con anti-EGFR in monoterapia.
Lo studio è stato condotto in Messico, presso l’Instituto Nacional de Cancerología (INCan) di Città del Messico.
Lo studio prevedeva l’inclusione di pazienti adulti, con adenocarcinoma polmonare in stadio III B-IV, con documentata presenza di mutazione attivante di EGFR.
I pazienti assegnati al braccio di controllo ricevevano un inibitore di EGFR (erlotinib, oppure gefitinib, oppure afatinib), fino a progressione di malattia o tossicità inaccettabile.
I pazienti assegnati al braccio sperimentale ricevevano, in aggiunta all’inibitore di EGFR, la metformina alla dose di 500 mg 2 volte al giorno.
Endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da progression (progression-free survival, PFS).
Lo studio era disegnato con intento esploratorio, quindi accettando un rischio di errore falso positivo (alfa) maggiore (0.20) rispetto a quello comunemente usato (0.05) negli studi randomizzati di fase III, che puntano alla dimostrazione definitiva di efficacia di un trattamento.
Endpoint secondari erano la descrizione dell’attività in termini di risposte obiettive e di controllo di malattia, la descrizione della tollerabilità del trattamento e la sopravvivenza globale.
Lo studio ha visto la randomizzazione di 139 pazienti, dei quali 70 sono stati assegnati al braccio di controllo trattato con inibitore di EGFR da solo, e 69 sono stati assegnati al braccio sperimentale con la combinazione di EGFR + metformina.
La sopravvivenza libera da progressione è risultata significativamente migliore nel braccio sperimentale. Nel dettaglio, la PFS mediana è risultata pari a 13.1 mesi con la combinazione rispetto a 9.9 mesi con la terapia standard (Hazard Ratio 0.60; intervallo di confidenza al 95% 0.40 - 0.94; p = 0.03).
La combinazione sperimentale è risultata associata a una più alta proporzione di risposte obiettive rispetto al trattamento con inibitore di EGFR da solo (71% rispetto a 54.3%, p=0.04).
La sopravvivenza globale è risultata significativamente migliore nel braccio sperimentale. Nel dettaglio, la sopravvivenza mediana è risultata pari a 31.7 mesi con la combinazione rispetto a 17.5 mesi con la terapia standard (p=0.02; all’analisi multivariata Hazard Ratio 0.52, intervallo di confidenza al 95% 0.30-0.90, p = 0.04).
L’aggiunta della metformina all’inibitore di EGFR non ha comportato differenze significative di tossicità tra i bracci dello studio.
Gli autori sottolineano che, dopo varie evidenze precliniche e dati clinici retrospettivi o comunque non randomizzati, quello ora pubblicato da JAMA Oncology è il primo studio randomizzato a suggerire l’efficacia della metformina nei pazienti con tumore del polmone avanzato, in particolare nel setting di casi con mutazione di EGFR.
I pazienti inseriti nello studio, come sottolineato dagli autori in discussione, non erano tutti naive al trattamento, in quanto alcuni avevano ricevuto trattamenti precedenti (chemioterapia) rispetto alla randomizzazione, quindi la popolazione è prognosticamente poco confrontabile rispetto ad altri studi condotti in prima linea nel setting dei casi con mutazione di EGFR.
Lo studio, peraltro, era disegnato con intento dichiaratamente esploratorio, e pertanto la superiorità della combinazione di EGFR inibitore e metformina rispetto all’EGFR inibitore da solo non si può naturalmente considerare un’evidenza definitiva a sostegno della somministrazione di metformina.
I risultati dello studio, suggerendo un migliore controllo di malattia senza un carico di tossicità inaccettabile, sono sicuramente interessanti, ma in uno scenario terapeutico in rapida evoluzione anche nel caso dei tumori con mutazione di EGFR, rischiano di rimanere, per il momento, una “curiosità” senza risvolti pratici.