Uno studio randomizzato di fase II condotto in pazienti con tumore del polmone avanzato, anche se di piccola numerosità, ha evidenziato un interessante prolungamento del controllo di malattia impiegando i trattamenti locali per consolidare il trattamento farmacologico.
Gomez DR, Blumenschein GR Jr, Lee JJ, Hernandez M, Ye R, Camidge DR, Doebele RC, Skoulidis F, Gaspar LE, Gibbons DL, Karam JA, Kavanagh BD, Tang C, Komaki R, Louie AV, Palma DA, Tsao AS, Sepesi B, William WN, Zhang J, Shi Q, Wang XS, Swisher SG, Heymach JV. Local consolidative therapy versus maintenance therapy or observation for patients with oligometastatic non-small-cell lung cancer without progression after first-line systemic therapy: a multicentre, randomised, controlled, phase 2 study. Lancet Oncol. 2016 Oct 24.
L’impiego dei trattamenti locali nei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule metastatico potrebbe contribuire ad un miglioramento del controllo di malattia.
Vari studi hanno suggerito, ad esempio, il promettente ruolo del trattamento locale (come la chirurgia o la radioterapia stereotassica) nel controllo di sedi di oligoprogressione, in pazienti nei quali il trattamento sistemico continua a controllare le rimanenti sedi di malattia.
Un altro scenario di possibile applicazione dei trattamenti locali è prima della progressione, vale a dire mediante l’impiego di un “consolidamento” locale in pazienti con un numero limitato di sedi di metastasi, che abbiano ottenuto un controllo di malattia con il trattamento farmacologico sistemico.
Lo studio multicentrico, pubblicato da Gomez e colleghi su Lancet Oncology ad ottobre 2016, è stato disegnato come studio randomizzato di fase II.
Lo studio prevedeva la randomizzazione di pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule in stadio IV che, al completamento della terapia standard di prima linea, avessero un massimo di 3 lesioni metastatiche, un performance status 0-2 secondo la scala ECOG e fossero liberi da progressione.
Erano eleggibili sia pazienti EGFR e ALK wild type (per i quali erano ammessi 4 o più cicli di una chemioterapia a base di platino), sia pazienti con mutazione di EGFR (che avessero ricevuto almeno 3 mesi di un inibitore di tirosino-chinasi di EGFR), sia pazienti con traslocazione di ALK (che avessero ricevuto almeno 3 mesi di un inibitore di ALK).
I pazienti assegnati al braccio sperimentale ricevevano un trattamento di consolidamento locale (radioterapia o chirurgia di tutte le lesioni), con o senza una terapia sistemica di mantenimento.
I pazienti assegnati al braccio di controllo ricevevano il solo trattamento sistemico di matenimento o la sola osservazione, senza ulteriore terapia sistemica, e senza trattamenti di consolidamento locale.
Endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione. L’analisi principale è stata condotta in tutti i pazienti trattati, che avessero almeno una valutazione strumentale post-basale.
Complessivamente, tra il novembre 2012 e il gennaio 2016, 74 pazienti sono stati inseriti nello studio, durante o al completamento del trattamento di prima linea.
Lo studio è stato interrotto precocemente, dopo la randomizzazione di 49 pazienti (25 pazienti assegnati al gruppo sperimentale e 24 pazienti assegnati al braccio di controllo). Tale interruzione precoce è avvenuta in corrispondenza delle analisi annuali fatte dal Data Safety Monitoring Committee di tutti gli studi randomizzati condotti al MD Anderson Cancer Center, e prima di un’analisi ad interim pianificata al raggiungimento di 44 eventi per l’endpoint primario.
Dopo un follow-up di 12.4 mesi, la sopravvivenza libera da progressione mediana è risultata pari a 11.9 mesi nel braccio sperimentale, e pari a 3.9 mesi nel braccio di controllo (hazard ratio 0.35, intervallo di confidenza al 90% 0.18 – 0.66, p=0.0054).
L’impiego dei trattamenti locali non è risultato associato ad un significativo incremento delle morti tossiche, né degli eventi avversi seri.
Questo studio di fase II è molto interessante, in quanto dimostra che è possibile studiare prospetticamente l’integrazione tra trattamenti locali e trattamento sistemico nei pazienti con malattia metastatica. In questo setting, sono state prodotte molte evidenze retrospettive, e quindi relativamente deboli, e pochi studi prospettici. In assenza di studi randomizzati, diventa abbastanza difficile distinguere la semplice dimostrazione di fattibilità dalla vera e propria dimostrazione di efficacia, ed è difficile quantificare il bias di selezione che inevitabilmente complica l’interpretazione dell’outcome ottenuto.
Lo studio recentemente pubblicato su Lancet Oncology ha invece fornito un’importante prova di principio: la piccola numerosità del campione non consente di dimostrare in maniera definitiva l’efficacia del trattamento locale, ma i risultati sono indubbiamente molto incoraggianti. Sia in termini relativi (hazard ratio) che in termini assoluti (differenza tra le mediane), il vantaggio associato all’impiego del trattamento locale è sicuramente rilevante.
Gli autori concludono che una terapia locale “aggressiva” merita ulteriore ricerca, nel contesto distudi randomizzati di fase III, nel trattamento dei pazienti con tumore del polmone avanzato oligometastatico, con malattia controllata dal trattamento sistemico. Tale conclusione è condivisibile, e l’auspicio è che, in questo setting, ulteriore evidenza di buon livello possa essere prodotta nel prossimo futuro.