Patologia polmonare
Sabato, 02 Aprile 2022

Immunoterapia: quale chance di controllo di malattia a lungo termine nel microcitoma?

A cura di Massimo Di Maio

I risultati aggiornati dello studio CASPIAN suggeriscono un incremento della chance di sopravvivenza con l’aggiunta dell’immunoterapia alla chemioterapia a 3 anni dalla randomizzazione. Si tratta, va detto, di un beneficio che riguarda un numero molto limitato di pazienti.

Paz-Ares L, Chen Y, Reinmuth N, Hotta K, Trukhin D, Statsenko G, Hochmair MJ, Özgüroğlu M, Ji JH, Garassino MC, Voitko O, Poltoratskiy A, Musso E, Havel L, Bondarenko I, Losonczy G, Conev N, Mann H, Dalvi TB, Jiang H, Goldman JW. Durvalumab, with or without tremelimumab, plus platinum-etoposide in first-line treatment of extensive-stage small-cell lung cancer: 3-year overall survival update from CASPIAN. ESMO Open. 2022 Mar 10;7(2):100408. doi: 10.1016/j.esmoop.2022.100408. Epub ahead of print. PMID: 35279527.

Negli ultimi anni, diversi farmaci immunoterapici sono stati sperimentati nel trattamento del microcitoma polmonare (small cell lung cancer, SCLC), e i risultati degli studi clinici hanno portato a importanti cambiamenti nella pratica clinica anche in questa tipologia di tumore del polmone.

In particolare, mentre per molto tempo la terapia standard di prima linea per i pazienti con malattia estesa è stata rappresentata dalla sola chemioterapia con platino (cisplatino o carboplatino) ed etoposide, oggi sappiamo che l’aggiunta di un farmaco immunoterapico alla chemioterapia risulta associato a un beneficio significativo in sopravvivenza. Il primo farmaco a dimostrare tale beneficio nell’ambito di uno studio randomizzato di fase III è stato l’atezolizumab, seguito dal durvalumab nell’ambito dello studio CASPIAN.

Tale studio prevedeva la randomizzazione di pazienti affetti da microcitoma polmonare in stadio esteso, candidati a trattamento di prima linea.

Lo studio ha visto la randomizzazione di 805 pazienti, che erano assegnati, in rapporto 1:1:1, a uno di 3 bracci:

  • Il braccio di controllo riceveva sola chemioterapia con platino (carboplatino o cisplatino) + etoposide
  • Un braccio sperimentale riceveva durvalumab in aggiunta alla chemioterapia
  • Un secondo braccio sperimentale riceveva durvalumab + tremelimumab in aggiunta alla chemioterapia.

Endpoint primario era la sopravvivenza globale (OS), con i 2 confronti di ciascuno dei 2 bracci sperimentale rispetto al braccio di sola chemioterapia.

I risultati principali dello studio sono stati precedentemente pubblicati. L’analisi ad interim aveva documentato un beneficio significativo in sopravvivenza globale per la combinazione di durvalumab e chemioterapia rispetto alla chemioterapia da sola (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/31590988/). Una successiva pubblicazione dello studio (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33285097/) aveva confermato il beneficio significativo per l’aggiunta di durvalumab, mentre la combinazione di durvalumab e tremelimumab non aveva documentato un vantaggio significativo.

L’analisi aggiornata, pubblicata a marzo 2022 da ESMO Open, riporta i dati con un follow-up mediano superiore a 3 anni, con l’obiettivo di descrivere l’efficacia a lungo termine della combinazione di chemio-immunoterapia, in una patologia tradizionalmente caratterizzata da una elevata sensibilità a breve termine al trattamento chemioterapico, seguita da risultati deludenti in ragione della breve durata della sensibilità alla chemioterapia e dai modesti risultati ottenuti dai trattamenti successivi.

L’analisi aggiornata è basata su un follow-up mediano di 39.4 mesi, con un’elevata maturità dei risultati.

I risultati complessivi confermano quanto precedentemente riportato. In particolare:

  • l’aggiunta di durvalumab alla chemioterapia comporta un miglioramento significativo della sopravvivenza globale (hazard ratio 0.71, intervallo di confidenza al 95% 0.60-0.86, con una sopravvivenza mediana pari a 12.9 mesi rispetto a 10.5 mesi con la chemioterapia).
  • L’aggiunta di durvalumab + tremelimumab, pur risultando associata a una sopravvivenza numericamente migliore in termini di Hazard Ratio rispetto alla chemioterapia (hazard ratio 0.81, intervallo di confidenza al 95% 0.67-0.97, con una sopravvivenza mediana pari a 10.4 mesi), non ha dimostrato un vantaggio statisticamente significativo.

La probabilità di sopravvivenza a 36 mesi dalla randomizzazione è risultata pari al 5.8% con la chemioterapia da sola, al 17.6% con il durvalumab + chemioterapia, e al 15.3% con durvalumab + tremelimumab + chemioterapia.

Una minoranza di pazienti (per la precisione 27 nel braccio di durvalumab + chemioterapia e 19 nel braccio di durvalumab + tremelimumab + chemioterapia) erano ancora in trattamento immunoterapico di mantenimento al momento del cutoff dei dati (marzo 2021).

Sulla base dei risultati sopra sintetizzati, gli autori enfatizzano il dato della probabilità di sopravvivenza a lungo termine (3 anni dalla randomizzazione), che risulta numericamente migliore con l’immunoterapia rispetto alla chemioterapia da sola. I numeri assoluti sono modesti (in quanto parliamo di una probabilità di sopravvivenza triplicata, ma in ragione del fatto che solo il 6% circa dei pazienti trattati con sola chemioterapia è vivo a 3 anni, a fronte del 18% circa con l’aggiunta del durvalumab).

Qualche anno fa avevamo realizzato una metanalisi degli studi di combinazione di chemioterapia e immunoterapia nel trattamento di prima linea del microcitoma esteso, includendo tra gli studi considerati anche lo studio CASPIAN (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32947924/) . Nonostante il follow-up disponibile all’epoca fosse più limitato rispetto a quello presentato nella pubblicazione attuale, avevamo provato a metanalizzare non solo il dato di efficacia in termini di Hazard Ratio, ma anche la probabilità di controllo di malattia e sopravvivenza a medio-lungo termine, stimando il guadagno in termini di probabilità di sopravvivenza globale a 12, 18 e 24 mesi (quest’ultimo dato era basato sulla disponibilità del dato nelle pubblicazioni di 2 studi). A 2 anni, la probabilità di sopravvivenza era stimata in circa il 13.6% (intervallo di confidenza al 95% 9.6% - 18.8%) nel braccio di controllo con sola chemioterapia, a fronte del 22.3% (intervallo di confidenza al 95% 17.4% - 28.1%) nel braccio sperimentale, per un delta pari a circa l’8.7% (intervallo di confidenza al 95% 1.8% - 15.4%, p=0.01).

L’aggiornamento del CASPIAN suggerisce che un delta intorno a 10 punti percentuali si mantenga anche a 3 anni. Sia la prognosi assoluta, sia l’entità del delta di beneficio a lungo termine non sono paragonabili a quelli che l’immunoterapia consente di ottenere in altri tumori. D’altra parte, in una patologia tipicamente caratterizzata da risultati sconfortanti dopo l’iniziale sensibilità alla chemioterapia, un risultato del genere rappresenta un tassello a sostegno dell’impiego dell’immunoterapia anche in questi pazienti.

Le linee guida AIOM 2021 (disponibili sul Sistema Nazionale Linee Guida dell’Istituto Superiore di Sanità) contengono 2 quesiti GRADE dedicati all’aggiunta dell’immunoterapia alla chemioterapia di prima linea nei pazienti con microcitoma polmonare, il primo dedicato all’atezolizumab (sulla base dello studio IMPower133) e il secondo dedicato al durvalumab (sulla base dello studio CASPIAN). Entrambi i quesiti contengono una raccomandazione positiva forte. Peraltro, nel caso del durvalumab la raccomandazione recita: “Al momento della stesura di queste linee guida (Ottobre 2021) il durvalumab, in associazione alla chemioterapia a base di platino, ha ricevuto approvazione dall’EMA (settembre 2020), ma non ha ancora ricevuto approvazione/rimborsabilità AIFA in Italia per il trattamento di I linea del microcitoma polmonare in stadio esteso.”