Tutto è relativo: ragionevolmente le sigarette elettroniche fanno meno male delle sigarette tradizionali, ma sono comunque dannose, come dimostra uno studio su modelli animali pubblicato sulla rivista PNAS. La morale è sempre quella: meglio non fumare!
Lee HW, Park SH, Weng MW, Wang HT, Huang WC, Lepor H, Wu XR, Chen LC, Tang MS. E-cigarette smoke damages DNA and reduces repair activity in mouse lung, heart, and bladder as well as in human lung and bladder cells. Proc Natl Acad Sci U S A. 2018 Jan 29. pii: 201718185. doi: 10.1073/pnas.1718185115. [Epub ahead of print] PubMed PMID: 29378943.
Le sigarette elettroniche hanno il vantaggio di consentire a chi fuma di rifornirsi di nicotina tramite inalazione, evitando la combustione del tabacco e quindi evitando anche tutti i sottoprodotti cancerogeni legati a tale combustione. Questo rende ragionevolmente le sigarette elettroniche meno dannose del fumo tradizionale, e quindi potenzialmente utili come alternativa nei soggetti fumatori.
Peraltro, l’inalazione di nicotina può comportare comunque danni, e le sigarette elettroniche rappresentano una minaccia alla salute specialmente nei casi in cui, invece che essere usate come tentativo di cessazione del fumo, costituiscano una modalità di avvicinamento al fumo da parte di ex fumatori o non fumatori.
Nel 2015, l’ASCO (American Society of Clinical Oncology), insieme con l’AACR (American Association for Cancer Research), pubblicava sulle pagine di JCO un documento che metteva in guardia rispetto ai rischi associati all’uso delle sigarette elettroniche, sottolineando l’esigenza di ulteriori studi.
In questo contesto si inserisce uno studio recentemente pubblicato sulla rivista statunitense Proceedings of the National Academy of Science, che ha misurato, in un modello animale, il danno associate alle sigarette elettroniche.
Il modello animale era costituito da topi. In particolare, gli autori hanno misurato il danno al DNA indotto da nitrosamine in differenti organi (polmoni, vescica, cuore) di topi esposti al fumo di sigaretta elettronica. Infatti, il maggior componente del fumo prodotto dall’inalazione di sigarette elettroniche è rappresentato dalla nicotina. E’ noto che la maggior parte della nicotina viene convertita in cotinina, metabolita ritenuto non tossico e non cancerogeno, che viene escreto nelle urine. Peraltro, una quota non trascurabile di nicotina (inferiore al 10%) può essere convertito a nitrosammine, dal noto potenziale cancerogeno.
I topi dell’esperimento sono stati esposti al fumo di sigaretta elettronica (alla dose di 10 mg/ml, 3 ore al giorno, per 5 giorni alla settimana), per un totale di 12 settimane. Gli autori evidenziano che tale dose e durata d’esposizione corrisponde all’uso di sigarette elettroniche, da parte dell’uomo, per 10 anni.
Diverse sostanze mutagene sono state misurate in quantità significativamente maggiore a livello dei vari organi (polmone, vescica, cuore) rispetto ai topi non esposti, con concentrazioni a livello del polmone 8 volte superiori rispetto agli altri organi studiati.
Anche se in quantità assolute inferiori, l’aumento della concentrazione delle varie sostanze cancerogene a livello polmonare è risultata correlata all’aumento della concentrazione anche negli altri organi.
Inoltre, gli esperimenti descritti dimostrano che le attività di riparo del DNA, e le proteine associate al riparo XPC e OGG1/2, sono significativamente ridotte a livello del polmone dei topi esposti al fumo della sigaretta elettronica.
Gli effetti osservati sul DNA dei topi sono simili a quelli che gli autori hanno osservato in modelli sperimentali costituiti da cellule umane di polmone e vescica, nel momento in cui tali cellule vengano esposte alla nicotina e al chetone nicotina-derivato della nitrosammina (NNK), un derivato della nicotina cancerogeno.
I risultati suggeriscono che, sebbene le sigarette elettroniche comportino l’inalazione di meno agenti cancerogeni rispetto al “classico” fumo di tabacco, chi ne fa uso potrebbe però avere comunque un rischio maggiore, rispetto ai non fumatori, di sviluppare tumori polmonari e della vescica, nonché malattie cardiache.
Dopo la pubblicazione dell’articolo su PNAS, sulla stampa sia internazionale che italiana si sono registrati pareri contrastanti. Qualcuno ha sottolineato che il modello murino impiegato nello studio di PNAS non riproduce le normali condizioni d’uso delle sigarette elettroniche, favorendo la produzione di sostanze tossiche rispetto a quanto accadrebbe in vivo. Il modello presentato nel lavoro concentra in 12 settimane l'esposizione che nell'uomo avviene in un periodo di 10 anni.
Al di là dei limiti che il lavoro presenta, come ogni modello sperimentale, semplicemente le evidenze dimostrano che tutto è relativo: ragionevolmente, la sigaretta elettronica rappresenta un’alternativa meno dannosa della sigaretta tradizionale, ma chi le usa è comunque più a rischio rispetto a chi non fuma. La soluzione migliore è sempre quella di smettere di fumare.