Dopo sotorasib ed adagrasib, arrivano i dati di un altro inibitore di KRAS G12C… è da considerare un farmaco me too, o un’alternativa più potente e potenzialmente più efficace rispetto agli altri farmaci della stessa classe?
Sacher A, LoRusso P, Patel MR, Miller WH Jr, Garralda E, Forster MD, Santoro A, Falcon A, Kim TW, Paz-Ares L, Bowyer S, de Miguel M, Han SW, Krebs MG, Lee JS, Cheng ML, Arbour K, Massarelli E, Choi Y, Shi Z, Mandlekar S, Lin MT, Royer-Joo S, Chang J, Dharia NV, Schutzman JL, Desai J; GO42144 Investigator and Study Group. Single-Agent Divarasib (GDC-6036) in Solid Tumors with a KRAS G12C Mutation. N Engl J Med. 2023 Aug 24;389(8):710-721. doi: 10.1056/NEJMoa2303810. PMID: 37611121.
Negli ultimi anni, è stato sfatato il mito per cui KRAS rimaneva un bersaglio “undruggable”. Sono stati sviluppati alcuni inibitori, in particolare attivi in presenza della mutazione G12C, come sotorasib ed adagrasib, che hanno prodotto interessanti risultati nel tumore del polmone non a piccole cellule (non-small cell lung cancer, NSCLC) e nel tumore del colon-retto (colorectal cancer, CRC).
Per quanto interessanti, i risultati ottenuti da adagrasib e sotorasib in termini di percentuale di risposte obiettive e di sopravvivenza libera da progressione sono lontani dall’essere eccezionali, ed è sicuramente impietoso il confronto con quanto ottenuto da farmaci diretti verso altri target. E’ un problema legato al ruolo della mutazione di KRAS nella biologia di malattia, o è un problema di attività ed efficacia di quegli specifici inibitori?
Divarasib (GDC-6036) è un inibitore di KRAS G12C che lega il bersaglio mediante legame covalente, ed è caratterizzato da potenza e selettività maggiori rispetto ai farmaci della classe precedentemente sviluppati.
Ad Agosto 2023 sono stati pubblicati dal New England Journal of Medicine i risultati dello studio di fase I che ha valutato il divarasib. Erano eleggibili sia pazienti affetti da tumore del polmone non a piccolo cellule, sia pazienti affetti da tumore del colon-retto che da altri tumori solidi, naturalmente caratterizzati dalla presenza di mutazione KRAS G12C.
Il divarasib era somministrato una volta al giorno (ad una dose compresa tra 50 e 400 mg).
Obiettivo primario dello studio era la valutazione della tossicità. Tra gli obiettivi secondari c’erano la farmacocinetica, la valutazione dell’attività, l’analisi di biomarker predittivi di risposta o resistenza.
Lo studio ha incluso 137 pazienti: nel dettaglio, 60 affetti da NSCLC, 55 affetti da CRC e 22 con altri tipi di tumori solidi.
La dose-escalation fino a 400 mg al giorno non ha evidenziato tossicità dose-limitanti, e non sono state descritte morti tossiche.
Eventi avversi associati al trattamento sono stati descritti nel 93% dei pazienti trattati, ma l’incidenza di eventi avversi di grado 3 è risultata pari all’11%, con l’1% di tossicità di grado 4.
Nel 14% dei pazienti è stata eseguita una riduzione di dose a causa delle tossicità, e nel 3% dei pazienti il trattamento è stato interrotto definitivamente per tossicità.
Nella coorte di pazienti affetti da NSCLC, sono state osservate risposte obiettive nel 53.4% dei casi (intervallo di confidenza al 95% 39.9 – 66.7), con una sopravvivenza libera da progressione mediana pari a 13.1 mesi (intervallo di confidenza al 95% 8.8 – n.e.)
Nella coorte di pazienti affetti da tumore del colon-retto, sono state osservate risposte obiettive nel 29.1% dei casi (intervallo di confidenza al 95% 17.6 – 42.9), con una sopravvivenza libera da progressione mediana pari a 5.6 mesi (intervallo di confidenza al 95% 4.1 – 8.2).
Alcune risposte obiettive sono state osservate anche nella coorte di pazienti affetti da altri tumori solidi, tra cui anche 3 pazienti con tumore del pancreas, e in altri pazienti (tra cui altri con tumore del pancreas) sono state osservate stabilità di malattia.
Le analisi esploratorie dei biomarker hanno evidenziato una netta riduzione della mutazione KRAS G12C a livello del DNA tumorale circolante in tutti i pazienti nei quali strumentalmente si è osservata una risposta parziale. Sono stati inoltre esplorati i possibili meccanismi di resistenza, sia intrinseci (nei casi caratterizzati da assenza di risposta) sia acquisiti (nei casi caratterizzati da una sopravvivenza libera da progressione maggiore di 3 mesi).
Sono vari anni che non sorprende più la pubblicazione di uno studio di fase I sulle pagine del New England Journal of Medicine. Tradizionalmente, questa rivista pubblica risultati di studi più o meno vicini all’impatto sulla pratica clinica, e fino a qualche anno fa uno studio di fase I sarebbe stato considerato ancora molto lontano dal potenziale impatto sulla pratica.
Oggi non è più così, per varie ragioni. Sicuramente gli studi di fase I come quello del divarasib sono disegnati per dare non solo informazioni sulla tossicità (obiettivo primario), ma anche informazioni più che preliminari sull’attività (non è un caso che le coorti numericamente più rilevanti, come previsto dal disegno dello studio, fossero quelle dei pazienti affetti da tumore del polmone non a piccole cellule e da tumore del colon-retto, vale a dire le neoplasie dalle quali era attesa la ricaduta potenzialmente maggiore dello sviluppo di un inibitore di KRAS G12C. Inoltre, il farmaco si caratterizza per peculiarità farmacodinamiche che lo rendono molto promettente rispetto ai “cugini” sotorasib ed adagrasib, e quindi l’attesa della comunità scientifica per risultati positivi in un setting quale quello della malattia KRAS mutata, che finora ha dato soddisfazione a metà, giustifica probabilmente la decisione della rivista di pubblicare la fase I.
Naturalmente, come riconosciuto esplicitamente dagli autori nella discussione del paper, i confronti indiretti sono deboli, ma il dato di risposte obiettive e di PFS ottenuto nelle coorti di NSCLC e colon-retto dal divarasib si confronta favorevolmente rispetto a quanto ottenuto con adagrasib e sotorasib. C’è da guardare con interesse ed ottimismo alla prosecuzione dello sviluppo del farmaco.