Pubblicati in extenso su Lancet Oncology i risultati dello studio AURA2: nei casi con T790M, osimertinib funziona bene, dove i classici inibitori di EGFR falliscono. Almeno per un sottogruppo di pazienti con tumore del polmone avanzato, le linee di trattamento attive aumentano.
Goss, Glenwood et al. Osimertinib for pretreated EGFR Thr790Met-positive advanced non-small-cell lung cancer (AURA2): a multicentre, open-label, single-arm, phase 2 study. The Lancet Oncology [Epub ahead of print, October 14, 2016]
I classici inibitori di tirosino-chinasi del recettore dell’Epidermal Growth Factor (EGFR) consentono di ottenere, nei pazienti con NSCLC avanzato selezionati per la presenza di mutazione di EGFR, un’elevata percentuale di risposte obiettive ed un buon controllo di malattia, e sono indicati dalle attuali linee guida nazionali ed internazionali come il trattamento standard di prima linea in questi pazienti. Peraltro, dopo un tempo variabile, la malattia diventa inevitabilmente resistente al trattamento. In un’elevata percentuale di casi, la progressione di malattia si accompagna alla dimostrazione, nelle cellule tumorali, della mutazione T790M. Osimertinib è un inibitore di terza generazione, per il quale le evidenze preliminari hanno documentato un’attività particolarmente elevata in caso di presenza della suddetta mutazione.
AURA2 era uno studio di fase II, in aperto, a singolo braccio.
Erano eleggibili pazienti di età maggiore o uguale a 18 anni, con tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) localmente avanzato o metastatico (stadio IIIB-IV), in progressione dopo un precedente trattamento con un inibitore di tirosino chinasi di EGFR, positivo per la presenza di mutazione T790M, confermata nella valutazione da parte del laboratorio centrale. In caso di presenza di metastasi cerebrali, i pazienti erano eleggibili se tali metastasi erano clinicamente stabili, senza necessità di somministrazione di corticosteroidi.
I pazienti eleggibili ricevevano trattamento con osimertinib, somministrato per via orale, alla dose di 80 mg una volta al giorno. Il trattamento con osimertinib poteva essere continuato, a discrezione dello sperimentatore, anche dopo la progressione strumentale, in caso di beneficio clinico.
Endpoint primario dello studio era la proporzione di pazienti con risposta obiettiva, alla valutazione indipendente centralizzata. La risposta obiettiva era misurata impiegando i criteri RECIST (Response Evaluation Criteria in Solid Tumors), versione 1.1. Erano eleggibili per la valutazione della risposta tutti i pazienti con malattia basale misurabile e che avessero poi ricevuto almeno una dose di osimertinib.
Tra il maggio 2014 e il settembre dello stesso anno, sono stati screenati per l’eleggibilità (presenza della mutazione T790M) 472 pazienti, dei quali 210 hanno iniziato il trattamento con osimertinib, tra giugno e ottobre 2014. Di tali 210 pazienti, 11 sono stati esclusi dall’analisi dell’endpoint primario in quanto non avevano lesioni misurabili alla valutazione basale. L’analisi della risposta è stata quindi condotta su 199 pazienti.
I pazienti inseriti in studio avevano un’età mediana di 64 anni, con una maggioranza di soggetti di sesso femminile. Circa due terzi della popolazione in studio era asiatica, e circa tre quarti erano non fumatori, con il 96% dei pazienti che, come atteso, aveva un adenocarcinoma. Il numero mediano di terapie precedentemente ricevute era 1, ma con un range compreso tra 1 e 9. Due terzi circa dei pazienti avevano, in aggiunta alla T790M, una delezione dell’esone 19, e il rimanente terzo aveva una mutazione L858R: in 1 solo caso, la mutazione T790M era la sola individuata.
A novembre 2015, 122 pazienti, pari al 58% della popolazione in studio, erano ancora in corso di somministrazione di osimertinib, con una durata mediana del follow-up pari a 13 mesi.
Una risposta obiettiva è stata documentata, alla valutazione indipendente centralizzata, in 140 pazienti su 199 (pari al 70%, intervallo di confidenza 95% compreso tra 64% e 77%). Nel dettaglio, sei pazienti (3%) hanno ottenuto una risposta completa, e 134 pazienti (pari al 67%) hanno ottenuto una risposta parziale.
Gli eventi avversi severi (grado 3 – 4) più comunemente registrati durante il trattamento con osimertinib, non necessariamente attribuiti al trattamento in corso, sono stati embolia polmonare (in 7 pazienti, pari al 3%), prolungamento dell’intervallo QT all’elettrocardiogramma (in 5 pazienti, pari al 2%), neutropenia (4 pazienti, 2%), e anemia, dispnea, iponatremia, innalzamento dell’ALT e piastrinopenia (ciascun evento in 3 pazienti pari all’1% circa). Eventi avversi seri sono stati descritti in 52 pazienti (pari al 25% della popolazione in studio) e in 11 casi (pari al 5%) gli sperimentatori hanno giudicato possibile il nesso con il trattamento. Complessivamente sono state registrate 7 morti legate non a progressione di malattia ma ad eventi avversi, e in 1 caso (polmonite interstiziale) l’evento letale è stato giudicato potenzialmente legato al trattamento con osimertinib.
In questo studio, l’osimertinib ha dimostrato una elevata proporzione di risposte obiettive, con un profilo di tossicità decisamente favorevole, in pazienti in progressione dopo aver ricevuto un precedente trattamento con un inibitore di EGFR, nei quali l’analisi molecolare delle cellule tumorali documenti la presenza della mutazione T790M. I risultati dello studio AURA2 si aggiungono ai dati della coorte di espansione dello studio AURA, che già aveva documentato un’elevata proporzione di risposte obiettive, proponendo l’osimertinib come una concreta chance terapeutica alla comparsa di resistenza ai “classici” inibitori di EGFR, in presenza della mutazione T790M.
Osimertinib è stato approvato dall’EMA per il trattamento dei pazienti con NSCLC avanzato, nei casi in cui sia documentata la presenza di mutazione T790M. La possibilità di impiego è indipendente rispetto al precedente trattamento con un altro inibitore di EGFR, anche se, come è ben noto, la mutazione T790M è raramente presente alla diagnosi, e diventa frequente alla comparsa di resistenza al trattamento con gefitinib, o erlotinib, o afatinib. In tali pazienti resistenti, lo studio AURA3 ha documentato un vantaggio a favore di osimertinib rispetto alla chemioterapia. Lo studio FLAURA confronta invece osimertinib vs. gefitinib come trattamento di prima linea dei pazienti con mutazione di EGFR.