Non sono 101, ma promettono una carica di notevoli cambiamenti nel trattamento di molte patologie, tra cui anche il tumore del polmone. Sono i farmaci anti-PD1: dopo i risultati del nivolumab, pubblicati in settimana i risultati ottenuti con il pembrolizumab…
Garon EB, Rizvi NA, Hui R, Leighl N, Balmanoukian AS, Eder JP, Patnaik A, Aggarwal C, Gubens M, Horn L, Carcereny E, Ahn MJ, Felip E, Lee JS, Hellmann MD, Hamid O, Goldman JW, Soria JC, Dolled-Filhart M, Rutledge RZ, Zhang J, Lunceford JK, Rangwala R, Lubiniecki GM, Roach C, Emancipator K, Gandhi L; KEYNOTE-001 Investigators. Pembrolizumab for the Treatment of Non-Small-Cell Lung Cancer. N Engl J Med. 2015 Apr 19. [Epub ahead of print]
Poche settimane fa, sono stati resi pubblici i primi dati relativi allo studio di fase III di confronto tra nivolumab e docetaxel come trattamento di seconda linea dei pazienti con NSCLC avanzato. Lo studio documentava un vantaggio in sopravvivenza globale a favore del nivolumab, anticorpo anti-PD1.
Ora leggiamo sul New England Journal of Medicine i risultati dello studio KEYNOTE-1, che valutava l’attività e la tollerabilità del pembrolizumab, altro anticorpo anti-PD1, in una serie di pazienti affetti da NSCLC avanzato, sia pretrattati che non pretrattati.
Lo studio (fase I, con varie coorti di espansione) non era randomizzato, ma valutava il farmaco in diverse dosi e schedule:
• 2 mg / kg ogni 3 settimane
• 10 mg/kg ogni 3 settimane
• 10 mg/kg ogni 2 settimane
Obiettivi dello studio:
• Descrizione dell’attività, misurata mediante RECIST (era prevista anche la descrizione dell’attività applicando i cosiddetti “immune-related” response criteria.
• Descrizione della tossicità, misurata mediante CTCAE
• Analisi dell’espressione di PDL1 sul tessuto tumorale, e descrizione dell’associazione tra espressione di PDL1 e attività del pembrolizumab
La pubblicazione del NEJM descrive i risultati ottenuti su 495 pazienti, trattati tra il 2012 ed il 2014. Ai fini della analisi dell’associazione tra espressione di PDL1 e attività del pembrolizumab, i pazienti sono stati divisi in 2 gruppi, un primo gruppo “training set” e un secondo gruppo di validazione.
La proporzione di risposte obiettive, nella casistica complessiva, è risultata pari al 19%, con una durata mediana della risposta di circa 12 mesi.
Nella casistica complessiva, la PFS mediana è risultata pari a 3.7 mesi, e la sopravvivenza globale mediana pari a 12 mesi.
L’analisi dell’espressione di PD-L1 ha portato alla selezione del 50% come cut-off per dividere i pazienti in un gruppo ad elevata espressione e un gruppo a bassa espressione: nel gruppo di pazienti con un’espressione di PD-L1 maggiore del 50%, la proporzione di risposte obiettive è risultata pari al 45%, con una PFS mediana di oltre 6 mesi e una sopravvivenza globale mediana non ancora raggiunta.
Tra gli effetti collaterali più comunemente riportati, senza rilevanti differenze tra le 3 dosi e schedule sperimentate, sono segnalati il prurito, l’astenia e la diminuzione dell’appetito.
La pubblicazione dello studio KEYNOTE1 aggiunge ulteriori informazioni relative all’attività dei farmaci anti-PD1 nel NSCLC avanzato. Lo studio, come descritto, non prevedeva un gruppo di controllo non trattato con pembrolizumab, e quindi non può che fornire informazioni preliminari relative all’efficacia del farmaco.
L’analisi dell’associazione tra espressione di PD-L1 e attività del trattamento è interessante, seppure con un potere predittivo positivo abbastanza modesto (in quanto molti pazienti pur con un’elevata espressione del biomarker, comunque non rispondono al trattamento).
In attesa di dati degli studi randomizzati in corso, che confrontano il pembrolizumab alla chemioterapia, i dati pubblicati sul NEJM tengono alta l’attenzione della comunità oncologica su questa nuova classe di farmaci, e fanno ben sperare per il prossimo futuro.