Lo studio SAKK 17/04 esplorava l’efficacia della radioterapia dopo chemioterapia e chirurgia: i risultati sono deludenti, ma hanno il merito di sottolineare il bias di selezione delle serie retrospettive. Dimostrare la fattibilità di una strategia non basta…
Rolf A Stahel et al. Neoadjuvant chemotherapy and extrapleural pneumonectomy of malignant pleural mesothelioma with or without hemithoracic radiotherapy (SAKK 17/04): a randomised, international, multicentre phase 2 trial. Lancet Oncol 2015 [Epub ahead of print]
Il ruolo della radioterapia nei pazienti sottoposti a chemioterapia e chirurgia per mesotelioma pleurico è incerto. Studi precedenti hanno suggerito la possibilità di un miglior controllo locale grazie alla somministrazione di radioterapia sull’emitorace operato, ma non ci sono evidenze solide a sostegno dell’efficacia della strategia integrata.
Lo studio SAKK 17/04 è uno studio di fase II, condotto in Svizzera, Germania e Belgio. Lo studio prevedeva l’inclusione di pazienti con diagnosi di mesotelioma pleurico, considerato resecabile, in stadio TNM T1-T3 N0-N2 M0, con un buon performance status (0-1) ed età non superiore a 70 anni.
La prima parte dello studio, non randomizzata, prevedeva la somministrazione di 3 cicli di chemioterapia neoadiuvante, con cisplatino e pemetrexed alle dosi standard,e successivamente la chirurgia (pneumonectomia extrapleurica). Endpoint primario di questa prima parte dello studio era la percentuale di resezioni macroscopicamente complete (R0-R1).
La seconda parte dello studio prevedeva la randomizzazione dei pazienti sottoposti a resezione macroscopicamente completa a ricevere radioterapia oppure la sola osservazione. Il protocollo prevedeva l’irradiazione dell’intero emitorace, del canale di toracotomia, e delle stazioni linfonodali eventualmente interessate, con un boost sulle aree a maggior rischio di recidiva. Il trattamento radioterapico andava iniziato entro 10 settimane dalla chirurgia.
Obiettivo primario della seconda parte dello studio (quindi del confronto randomizzato radioterapia vs osservazione) era la sopravvivenza libera da recidiva loco-regionale. Endpoint secondari erano la descrizione della fattibilità della radioterapia (descrivendo la percentuale di pazienti che avrebbero ricevuto almeno il 90% della dose pianificata), la sopravvivenza globale, la sopravvivenza libera da recidiva e la qualità di vita.
Il dimensionamento dello studio non era basato sull’ipotesi di un confronto formale tra i 2 bracci, ma era basato sull’ipotesi di un incremento di 12 mesi nella sopravvivenza mediana libera da recidiva loco-regionale, nel gruppo trattato con radioterapia (28 mesi rispetto ai 16 mesi previsti sulla base di controlli storici). Sulla base di tale ipotesi, il protocollo prevedeva di inserire 37 pazienti nel gruppo assegnato alla radioterapia, ed un numero uguale nel gruppo di controllo. Dal momento che si prevedeva che solo il 36% dei pazienti registrati nello studio sarebbe poi stato eleggibile per la randomizzazione, il protocollo prevedeva di inserire 206 pazienti.
Lo studio è stato interrotto prima di raggiungere il numero previsto di pazienti, in quanto, dopo circa 7 anni, in particolare tra il 2005 ed il 2012, era stato possibile inserire nella prima parte dello studio solo 151 pazienti. Di questi, 113 pazienti (pari al 75%) era stato sottoposto a pneumonectomia extrapleurica dopo la chemioterapia neoadiuvante. Tale chemioterapia aveva prodotto una risposta obiettiva in 52 pazienti (34%).
Dei 113 pazienti sottoposti a pneumonectomia, 96 (64%) avevano ottenuto una resezione macroscopicamente completa. Non tutti questi pazienti sono stati randomizzati nella seconda parte dello studio, essenzialmente per rifiuto (20 pazienti) o per altri motivi di ineleggibilità (10 pazienti). I pazienti randomizzati sono stati 54, 27 assegnati al braccio trattato con radioterapia e 27 assegnati al braccio di controllo.
La dose mediana di radioterapia somministrata è stata pari a 55.9 Gy (range interquartile 46.8–56.0). L’83% dei pazienti ha ricevuto una dose pari ad almeno il 90% di quella pianificata.
Dalla chirurgia, la sopravvivenza prima di recidiva locoregionale è stata pari a 7.6 mesi nel gruppo di controllo, e 9.4 mesi nel gruppo trattato con radioterapia. Una morte tossica (polmonite) è stata registrata nel gruppo sperimentale.
Considerando tutti i 151 pazienti registrati, la sopravvivenza mediana è risultata pari a 15 mesi (intervallo di confidenza al 95% 12.1–19.3). La sopravvivenza libera da progressione mediana è invece risultata pari, sempre nell’intera casistica di 151 pazienti registrati, a 8.6 mesi (intervallo di confidenza al 95% 7.3–10.7).
Lo studio SAKK non ha prodotto un risultato incoraggiante a favore dell’impiego della radioterapia dopo chemioterapia e chirurgia nei pazienti con mesotelioma pleurico operabile.
I dati dello studio sottolineano inoltre che alcune casistiche retrospettive, selezionando inevitabilmente i pazienti a prognosi migliore, possono sovrastimare il beneficio atteso con i trattamenti in questa patologia. Considerando l’intera casistica di pazienti registrati nello studio, i risultati evidenziano che solo una parte di quelli sottoposti a chemioterapia può essere poi operato, solo una parte dei pazienti operati ottiene una resezione macroscopicamente completa, e solo una parte di questi ultimi è poi effettivamente eleggibile per il trattamento radioterapico.
Con tutti i limiti di uno studio di fase II, interrotto tra l’altro precocemente, lo studio SAKK ha il merito di sottolineare l’assoluta necessità di studi randomizzati per dimostrare l’efficacia di strategie aggressive in una patologia a prognosi così sfavorevole come il mesotelioma pleurico.
Primo, non nuocere. Un trattamento troppo aggressivo, pur con le migliori intenzioni, potrebbe essere di danno ai pazienti in termini di tossicità, senza essere associato ad un significativo beneficio in termini di controllo di malattia e di prolungamento della sopravvivenza.