Pubblicato sul Journal of Clinical Oncology lo studio di fase III che ha valutato l’aggiunta del tivantinib ad erlotinib in pazienti pretrattati con NSCLC non squamoso avanzato. I risultati? Negativi… Sarà questione dei livelli di espressione di MET?
Scagliotti G, von Pawel J, Novello S, Ramlau R, Favaretto A, Barlesi F, Akerley W, Orlov S, Santoro A, Spigel D, Hirsh V, Shepherd FA, Sequist LV, Sandler A, Ross JS, Wang Q, von Roemeling R, Shuster D, Schwartz B. Phase III Multinational, Randomized, Double-Blind, Placebo-Controlled Study of Tivantinib (ARQ 197) Plus Erlotinib Versus Erlotinib Alone in Previously Treated Patients With Locally Advanced or Metastatic Nonsquamous Non-Small-Cell Lung Cancer. J Clin Oncol. 2015 Jul 13. pii: JCO.2014.60.7317. [Epub ahead of print]
Il tivantinib è un inibitore di tirosino chinasi del recettore MET, sperimentato in varie neoplasie, tra cui il tumore del polmone non a piccole cellule avanzato.
Sulla base di alcuni studi preclinici e studi clinici di fase precoce, nello studio pubblicato pochi giorni fa sul Journal of Clinical Oncology il farmaco è stato sperimentato in combinazione con l’erlotinib.
Erano eleggibili per l’inserimento in studio pazienti, affetti da NSCLC non squamoso avanzato, che avessero ricevuto una o due linee di trattamento (tra cui una chemioterapia con platino).
Lo studio, randomizzato di fase III, prevedeva, per i pazienti assegnati al braccio di controllo, il trattamento con erlotinib alla dose standard di 150 mg al giorno + placebo, mentre i pazienti assegnati al braccio sperimentale ricevevano la combinazione di erlotinib alla medesima dose + tivantinib, alla dose di 360 mg due volte al giorno.
Lo studio aveva come endpoint primario la sopravvivenza globale: nel dettaglio, era disegnato per evidenziare, con una potenza del 90% ed un errore alfa 0.01, un hazard ratio pari a 0.75 a favore della combinazione rispetto all’erlotinib da solo. La pianificazione statistica dello studio prevedeva la conduzione di un’analisi ad interim al raggiungimento del 50% degli eventi previsti, per interrompere lo studio per efficacia o per futilità (vale a dire in caso di un risultato intermedio che rendesse altamente improbabile la conclusione positiva all’analisi finale).
Lo studio prevedeva la raccolta dei campioni di tessuto tumorale per analizzare, nell’ordine in base alla disponibilità di sufficiente materiale, la mutazione di EGFR, l’espressione immunoistochimica di MET, la mutazione di KRAS e l’amplificazione di MET. L’analisi di tali biomarker non era funzionale all’inclusione dei pazienti nello studio.
Complessivamente, lo studio ha visto l’inserimento di 1048 pazienti. L’analisi ad interim, condotta come pianificato, ha determinato la chiusura dello studio per futilità (quindi per assenza di efficacia della combinazione sperimentale).
Nel dettaglio, la sopravvivenza globale, che era endpoint primario dello studio, non è risultata significativamente diversa nei 2 bracci, con una sopravvivenza mediana pari a 8.5 mesi nel braccio sperimentale e 7.8 mesi nel braccio di controllo (hazard ratio 0.98, intervallo di confidenza al 95% 0.84 – 1.15, p=0.81).
La sopravvivenza libera da progressione, che era endpoint secondario, è risultata significativamente prolungata con la combinazione rispetto ad erlotinib da solo (PFS mediana pari a 3.6 e 1.9 mesi, rispettivamente, con hazard ratio pari a 0.74; intervallo di confidenza al 95% 0.62 - 0.89, p< 0.001).
Le analisi di sottogruppo basate sull’espressione dei biomarker, condotte con intento esploratorio, hanno suggerito che l’aggiunta del tivantinib potrebbe essere efficace nei pazienti selezionati per un’elevata espressione di MET (in tale sottogruppo, l’hazard ratio per la sopravvivenza globale risultava pari a 0.70, intervallo di confidenza al 95% CI 0.49 - 1.01).
Per quanto riguarda la tossicità, gli eventi avversi più comuni riportati con l’aggiunta del tivantinib all’erlotinib sono stati la tossicità cutanea (33.1% vs. 37.3% con erlotinib da solo), diarrhea (34.6% vs. 41.0% con erlotinib da solo), astenia / fatigue (43.5% vs 38.1% con erlotinib da solo), e la neutropenia severa (grado 3-4; 8.5% vs. 0.8%).
Lo studio si è purtroppo concluso con un risultato negativo. Pur non evidenziandosi particolari problemi di tollerabilità (a differenza dello studio asiatico recentemente pubblicato in extenso su Annals of Oncology e interrotto precocemente per un eccesso di tossicità polmonare), l’aggiunta del tivantinib ad erlotinib non ha determinato alcun vantaggio in sopravvivenza globale.
Lo studio non prevedeva selezione molecolare dei pazienti, e l’analisi per sottogruppi ha suggerito che l’aggiunta del tivantinib potrebbe essere di beneficio nei pazienti selezionati per elevata espressione immunoistochimica di MET.
Questo risultato, esplicitamente esploratorio, è coerente con quanto osservato con il medesimo farmaco nei pazienti con epatocarcinoma (patologia nella quale sulla base del risultato delle analisi per sottogruppi è attualmente in corso uno studio di fase III condotto nei soli pazienti con elevata espressione di MET).
Nel NSCLC, anche un altro farmaco, l’anticorpo anti-MET onartuzumab, aveva prodotto un simile risultato nelle analisi per sottogruppi, ma il successivo studio di fase III condotto nei pazienti con elevata espressione di MET è stato chiuso per assenza di efficacia.
In questo scenario incerto, gli autori concludono che i risultati incoraggiano l’ulteriore impiego sperimentale del tivantinib sulla base della selezione molecolare suggerita dalle analisi esploratorie.