Un titolo per esperti di briscola, ma il carico (mutazionale) sembra essere una importante caratteristica del tumore nella selezione del paziente candidato a immunoterapia. Indipendentemente dall'espressione di PD-L1.
Hellmann MD, et al. Nivolumab plus Ipilimumab in Lung Cancer with a High Tumor Mutational Burden. N Engl J Med, May 31st, 2018
La terapia con immunomodulatori è ormai una strada obbligata per pazienti con neoplasia polmonare avanzata senza driver molecolare. Ma il dibattito sul come selezionare il candidato che avrà i migliori risultati in termini di outcome - in particolare di lungosopravvivenza - è tutt'altro che concluso.
Il carico mutazionale tumorale (tumor mutational burden, TMB) è recentemente emerso in differenti patologie come una della caratteristiche della neoplasia di maggiore interesse per la selezione dei candidati.
La base razionale della relazione tra alto carico mutazionale e beneficio dell'immunoterapia è semplice in linea teorica. Progressivamente, infatti, le cellule tumorali accumulano mutazioni e il carico mutazionale rappresenta un biomarcatore quantitativo che misura il numero totale di mutazioni presenti. Tumori con un elevato TMB esprimono quindi alti livelli di neoantigeni, innescando l'azione dei linfociti T e della risposta antitumorale. Il TMB può quindi aiutare a prevedere la probabilità che un paziente risponda positivamente all’immunoterapia, in modo indipendente dall'espressione di PD-1 o PD-L1.
Il disegno iniziale della sperimentazione prevedeva una random 1:1:1 a nivolumab + ipilimumab vs chemioterapia (scelta dipendente dall'istologia) vs nivolumab da solo in 1.189 pazienti mai trattati con NSCLC avanzato, assenza di driver molecolare e PD-L1 superiore o uguale a 1%. Qualora invece il marcatore fosse stato negativo (<1%) - in questo caso i pazienti erano 550 -, al braccio di solo nivolumab era aggiunta la chemioterapia.
Durante la conduzione del trial Checkmate 227, uno studio randomizzato di fase 3 con obiettivo di valutare in prima linea chemioterapia vs immunoterapia, i nuovi dati sul TMB hanno indotto gli autori a inserire un emendamento che valutasse come un coprimary endpoint: PFS di pazienti con alto TMB trattati con la combinazione di nivolumab e ipilimumab vs chemioterapia.
Il carico mutazionale era valutato con FoundationOne CDx assay, con un cutoff stabilito a 10 mutazioni per megabase.
Per il coprimary endpoint sono stati analizzati i dati di 300 pazienti: 139 assegnati al braccio di immunoterapia di combinazione e 160 a quello di chemioterapia.
L'età mediana del pazienti era di 64 anni, con meno del 10% dei casi con età superiore ai 75. L'istoogia era non squamosa nei due terzi dei casi; poco meno del 30% dei pazienti aveva neoplasia con espressione di PD-L1 inferiore a 1%.
I risultati del trattamento con erano decisamente favorevoli per pazienti con alto TMB. Il tasso di PFS a 1 anno era 43% con la combinazione di nivolumab e ipilimumab vs 13.2% con chemioterapia, la PFS mediana era di 7.2 mesi (95%CI, 5.5 - 13.2) versus 5.5 mesi (95% CI, 4.4 - 5.8) con un HR per progressione o morte di 0.58; 97.5% CI, 0.41 - 0.81; p<0.001.
Anche il tasso di risposta era nettamente superiore, 45.3% vs 27%.
Il beneficio era confermato in tutti i sottogruppi analizzati e ancora una volta indipendente dall'istologia e dall'espressione di PD-L1.
Senza dubbio, il CheckMate -227 - inizialmente presentato all'AACR 201 - dimostra il beneficio clinico derivante dal combinare due agenti immunoterapici per trattare in prima linea i pazienti con NSCLC con elevati livelli di carico mutazionale; la combinazione di nivolumab e ipilimumab produce risposte frequenti, profonde e durature rispetto alla chemioterapia in questo setting di pazienti. Inoltre, viene confermato il razionale del test molecolare per determinare lo stato del TMB come potenziale biomarcatore predittivo di risposta.
Tuttavia, rimangono alcuni caveat: 1) il numero di pazienti inclusi era limitato dalla possibilità di recuperare il materiale istologico per l'analisi; 2) il test molecolare richiede expertise e ha alti costi (non è quindi applicabile nella pratica clinica); 3) manca la prova definitiva del possibile utilizzo della biopsia liquida per misurare il carico mutazionale; 4) non è chiara quale sia la miglior sequenza di trattamento; 5) si devono attendere i dati, piu maturi, della sopravvivenza overall.