In questi giorni di emergenza, anche gli studi clinici sono messi a dura prova. Ma la ricerca continua, così come le pubblicazioni dei risultati. In alcuni setting, clinicamente molto complessi, i segnali di attività sono vitali per sperare nel futuro.
Trigo J, Subbiah V, Besse B, Moreno V, López R, Sala MA, Peters S, Ponce S, Fernández C, Alfaro V, Gómez J, Kahatt C, Zeaiter A, Zaman K, Boni V, Arrondeau J, Martínez M, Delord JP, Awada A, Kristeleit R, Olmedo ME, Wannesson L, Valdivia J, Rubio MJ, Anton A, Sarantopoulos J, Chawla SP, Mosquera-Martinez J, D'Arcangelo M, Santoro A, Villalobos VM, Sands J, Paz-Ares L. Lurbinectedin as second-line treatment for patients with small-cell lung cancer: a single-arm, open-label, phase 2 basket trial. Lancet Oncol. 2020 Mar 27. pii: S1470-2045(20)30068-1. doi: 10.1016/S1470-2045(20)30068-1. [Epub ahead of print] PubMed PMID: 32224306.
Il microcitoma polmonare è una patologia caratterizzata da una iniziale sensibilità alla chemioterapia in una discreta percentuale di pazienti, ma dalla successiva progressione di malattia, spesso associata a refrattarietà ai trattamenti sistemici.
Il trattamento standard di prima linea, per decenni rappresentato dalla combinazione di platino (cisplatino o carboplatino) e etoposide, ha recentemente beneficiato dei risultati positivi dell’aggiunta alla chemioterapia di un farmaco immunoterapico inibitore del checkpoint immunitario, anche se tali risultati non hanno comportato una sostanziale modifica della prognosi. Peraltro, il trattamento di seconda linea rimane un capitolo ancor meno soddisfacente, caratterizzato da scarsa attività delle opzioni terapeutiche disponibili.
Lurbinectedina è un alcaloide, strutturalmente correlato alla trabectedina, ed è un farmaco ad attività antitumorale in quanto inibisce la trascrizione e interferisce con la proliferazione e con il ciclo cellulare. Nell’ambito di uno studio “basket” di fase II, il farmaco è stato studiato in pazienti affetti da microcitoma polmonare, al fallimento della chemioterapia a base di platino.
Lo studio era disegnato a singolo braccio, ed ha visto la partecipazione di 26 centri di 6 diversi paesi europei e degli Stati Uniti.
Era prevista l’inclusione di pazienti con diagnosi di microcitoma polmonare, ECOG performance status compreso tra 0 e 2, presenza di malattia misurabile alla TAC come da criteri RECIST versione 1.1. Era richiesta assenza di metastasi encefaliche, adeguata funzione d’organo, ed erano eleggibili solo i pazienti che avessero ricevuto 1 precedente linea di terapia a base di platino.
Il trattamento sperimentale consisteva di lurbinectedina alla dose di 3.2 mg/m2. Il farmaco è somministrato in infusione endovenosa di 1 ora, ogni 3 settimane, fino a progressione di malattia o a tossicità inaccettabile.
Endpoint primario dello studio era la proporzione di risposte obiettive (risposte complete o risposte parziali), misurata secondo i criteri RECIST 1.1.
Lo studio ipotizzava di trattare 100 pazienti, auspicando una proporzione di risposte obiettive pari o superiore al 30%, a fronte di una proporzione di risposte obiettive inferiore al 15% considerata come ipotesi nulla. Con queste ipotesi, lo studio garantiva una potenza pari al 95%, con errore alfa a 1 coda 0.025.
Tra gli endpoint secondari, la durata della risposta, la proporzione di pazienti con controllo di malattia, la sopravvivenza libera da progressione, la sopravvivenza globale, la safety del trattamento.
L’analisi è stata condotta includendo, sia per l’attività che per la valutazione della sicurezza, tutti i pazienti che avessero iniziato il trattamento.
Lo studio ha visto il trattamento di 105 pazienti, tra ottobre 2015 e gennaio 2019. L’8% dei pazienti aveva performance status 2, mentre i rimanenti erano asintomatici o con pochi sintomi. L’82% dei pazienti, oltre alle lesioni polmonari aveva malattia linfonodale, il 41% aveva malattia epatica. La presenza di metastasi encefaliche rappresentava, come detto, un criterio di esclusione. Il 93% dei pazienti aveva ricevuto una sola linea di terapia, il 7% due linee (nella maggior parte dei casi una linea di immunoterapia oltre alla prima linea con platino).
Una risposta obiettiva è stata osservata in 37 pazienti (pari al 35.2%, intervallo di confidenza al 95% 26.2% - 45.2%). Tutte le risposte osservate sono state risposte parziali, nessuna risposta completa.
La proporzione di risposte obiettive è stata pari al 45% nei pazienti che avevano avuto un intervallo libero da terapia superiore a 90 giorni, e pari al 22% nei pazienti che avevano avuto un intervallo libero da terapia inferiore a 90 giorni.
La durata mediana della risposta è risultata pari a 5.3 mesi.
Solo 8 pazienti avevano ricevuto un'immunoterapia prima del trattamento in studio, e 5 di 8 hanno ottenuto con la lurbinectedina una risposta duratura.
L’attività misurata dalla revisione indipendente è stata simile al dato riportato dagli sperimentatori: 32.7% di risposte, con una durata mediana della risposta pari a 5.1 mesi.
La sopravvivenza libera da progressione mediana è risultata pari a 3.5 mesi (4.6 mesi nei pazienti con intervallo libero da terapia superiore a 90 giorni e 2.6 mesi nei pazienti con intervallo libero da terapia inferiore a 90 giorni).
La sopravvivenza globale mediana è risultata pari a 9.3 mesi (11.9 mesi nei pazienti con intervallo libero da terapia superiore a 90 giorni e 5.0 mesi nei pazienti con intervallo libero da terapia inferiore a 90 giorni).
I più comuni eventi avversi di grado 3-4 sono stati ematologici (anemia severa nel 9% dei pazienti, leucopenia nel 29%, neutropenia nel 46%, trombocitopenia nel 7%.
Eventi avversi seri sono stati descritti nel 10% dei pazienti. Tra essi , i più comuni sono stati neutropenia e neutropenia febbrile (5% per entrambi). Non sono state descritte morti attribuite alla tossicità del trattamento.
L’attività pari al 35%, in pazienti in progressione dopo chemioterapia con platino, è sicuramente un dato interessante, rispetto alla percentuale di risposte attese con I trattamenti chemioterapici disponibili nella pratica clinica. Gli autori concludono quindi positivamente il resoconto del loro studio, sottolineando l’attività del farmaco sperimentale,unita ad un profilo di tossicità giudicato accettabile (peraltro già in passato abbiamo commentato quanto sia discutibile che siano i medici e non i pazienti a giudicare “accettabile” o meno la tossicità di un trattamento).
Gli autori sottolineano, con un confronto indiretto tra i risultati ottenuti in studi diversi, quanto sia interessante l’attività della lurbinectedina sia nella popolazione complessiva di pazienti candidati alla seconda linea (rispetto al topotecan), sia nella popolazione di pazienti eventualmente platino-sensibili, in ragione di un più lungo intervallo libero da terapia (rispetto a un rechallenge con il platino).
Sarebbe interessante descrivere l'attività della lurbinectedina in pazienti pretrattati con immunoterapia, visto che sulla base dei recenti dati randomizzati la combinazione di chemioterapia e immunoterapia può essere considerata come trattamento di prima linea. Da questo punto di vista lo studio non risponde a questo quesito, in quanto solo 8 pazienti erano pretrattati. La percentuale di risposte di lunga durata (5 su 8, pari al 63%) è sicuramente interessante, ma i piccoli numeri non consentono in alcun modo di trarre conclusioni affidabili.
Va detto che, come noto, i risultati degli studi di fase II a singolo braccio tendono inevitabilmente a sovrastimare l’attività del trattamento sperimentale, rispetto alla “performance” del medesimo trattamento nei successivi studi di fase III. La popolazione dello studio era chiaramente selezionata, in termini di performance status, di assenza di metastasi encefaliche, di sedi di malattia (spesso le metastasi extra-polmonari erano solo linfonodali).
Al momento, non disponiamo di un confronto randomizzato che quantifichi l’efficacia della lurbinectedina. Peraltro, sulla base di questi risultati, la lurbinectedina potrebbe rappresentare un potenziale trattamento innovativo nei pazienti affetti da microcitoma.
Al momento, il farmaco è oggetto di una sperimentazione di fase III, condotta proprio nel setting di seconda linea (lo studio ATLANTIS), in cui viene valutata l’efficacia non dell'agente singolo come nello studio di fase II che abbiamo commentato, ma della combinazione della lurbinectedina con la doxoubicina, impiegando come trattamento di controllo il topotecan o lo schema polichemioterapico CAV.