Un’analisi di sottogruppo del discusso studio randomizzato pubblicato un paio di anni fa prova a identificare i pazienti ai quali la radioterapia toracica, dopo la chemioterapia, potrebbe garantire il maggior beneficio.
Slotman Ben J, Faivre-Finn Corinne, van Tinteren Harm, Keijser Astrid, Praag John, Knegjens Joost, Hatton Matthew, van Dam Iris, van der Leest Annija van, Reymen Bart, Stigt Jos, Haslett Kate, Tripathi Devashish, Smit Egbert F, Senan Suresh.Which patients with ES-SCLC are most likely to benefit from more aggressive radiotherapy: A secondary analysis of the Phase III CREST trial. Lung Cancer http://dx.doi.org/10.1016/j.lungcan.2017.03.007
Nei pazienti con microcitoma polmonare in stadio esteso, il trattamento standard prevede la sola chemioterapia sistemica, seguita nei pazienti in risposta dalla irradiazione profilattica dell’encefalo. Negli ultimi anni, si è dibattuto il ruolo, in tale stadio, dell’irradiazione toracica in aggiunta al trattamento sistemico: qualche anno fa, uno studio randomizzato ha suggerito che tale trattamento consentirebbe un miglioramento della chance di lungo-sopravvivenza (lo studio dimostrava infatti un miglioramento significativo della probabilità di sopravvivenza a 2 anni).
Tale risultato è stato oggetto di discussione, tra coloro che sono più “entusiasti” del risultato e coloro che invece sottolineano la formale negatività dello studio.
Ma vale ancora la pena di studiare l’efficacia della radioterapia toracica in questo setting? E se sì, in quali pazienti? Forse una migliore selezione dei pazienti consentirebbe di ottimizzare la possibilità di evidenziare il beneficio del “consolidamento” toracico dopo la somministrazione della chemioterapia sistemica. In altre parole, pazienti a prognosi molto negativa dovrebbero essere ragionevolmente esclusi da questi studi, che dovrebbero escludere in particolare I casi caratterizzati da un voluminoso impegno extra-toracico di malattia.
L’intento dell’analisi secondaria pubblicata su Lung Cancer era quello di descrivere la prognosi dei pazienti inseriti nello studio CREST, che valutava l’efficacia della radioterapia toracica nei pazienti con microcitoma avanzato in stadio esteso, dopo risposta al trattamento sistemico.
I pazienti assegnati al braccio di controllo non ricevevano radioterapia toracica, mentre i pazienti assegnati al braccio sperimentale la ricevevano.
Tutti i pazienti ricevevano radioterapia profilattica encefalica.
L’analisi è stata condotta sui dati di 260 pazienti, vale a dire quelli trattati nei 9 centri principali.
Le caratteristiche di tali 260 pazienti non erano significativamente differenti rispetto ai rimanenti 235 pazienti inseriti nello studio CREST, con l’eccezione di una diversa distribuzione del performance status (in particolare, era più bassa la percentuale di pazienti asintomatici, 24% vs 45%, ed era invece più elevata la percentuale di pazienti con performance status WHO 2, 15% vs 5%).
Il 5% dei pazienti non presentava metastasi a distanza, 39% dei pazienti presentavano metastasi confinate ad un organo, 34% presentavano metastasi confinate a 2 organi, e 22% avevano coinvolgimento metastatico di 3 o più organi. Le sedi di metastasi erano il fegato nel 47% dei casi, l’osso nel 40%, il polmone nel 28%, linfonodi extratoracici nel 19%, linfonodi sovraclaveari nel 18%, il surrene nel 17% e altre sedi nel 12%.
Indipendentemente dal braccio di trattamento, i pazienti con massimo 2 sedi di metastasi presentavano una sopravvivenza globale significativamente migliore (Hazard Ratio 1.43, intervallo di confidenza al 95% 1.07 – 1.92, p=0.02) significativamente migliore rispetto ai pazienti con 3 sedi o più.
Analogamente, indipendentemente dal braccio di trattamento, i pazienti con massimo 2 sedi di metastasi presentavano una sopravvivenza libera da progressione significativamente migliore (Hazard Ratio 1.35, intervallo di confidenza al 95% 1.02 – 1.78, p=0.04), rispetto ai pazienti con 3 sedi o più.
Per quanto riguarda le specifiche sedi di malattia, la sopravvivenza globale è risultata significativamente peggiore nei pazienti con metastasi epatiche (p=0.03) e nei pazienti con metastasi ossee (p=0.04).
Le analisi di sottogruppo suggeriscono che, nei pazienti con 2 sedi o meno di metastasi, e in quelli senza metastasi epatiche, l'aggiunta della radioterapia toracica sarebbe associata ad una migliore efficacia, a differenza dei pazienti con 3 sedi di metastasi o più, e di quelli con metastasi epatiche.
Gli autori commentano i risultati presentati dicendo che, dal loro punto di vista, l’analisi suggerisce che studi futuri sul ruolo della radioterapia nei pazienti con microcitoma in stadio esteso dovrebbero focalizzarsi sui pazienti con meno di 3 metastasi a distanza. Da un punto di vista prognostico, infatti, come prevedibile, tali pazienti presentano un’aspettativa di vita significativamente migliore rispetto ai pazienti con 3 o più siti metastatici.
Naturalmente, l’analisi non fornisce risultati immediatamente applicabili nella pratica clinica, in quanto si limita a meglio definire il sottogruppo di pazienti che, seppur con malattia estesa, è caratterizzato da una più lunga aspettativa di vita e nei quali, potenzialmente, un trattamento locale più aggressivo, in aggiunta al trattamento sistemico, potrebbe “premiare” in termini di efficacia.
Purtroppo, tali dati non sono sufficienti a modificare le attuali evidenze. Le linee guida AIOM, nella edizione 2016 attualmente in vigore, recitano: “Non esistono al momento evidenze scientifiche tali da far raccomandare nella pratica clinica la radioterapia toracica al termine di un programma chemioterapico di induzione. La radioterapia toracica di consolidamento nel microcitoma in malattia estesa deve pertanto essere considerata sperimentale."