Da alcuni anni l’efficacia degli inibitori di tirosino-chinasi di EGFR nei casi di NSCLC con mutazioni comuni è chiara: meno chiare sono le caratteristiche dei casi con mutazioni rare. Uno studio europeo, pubblicato su JTO, è lo spunto per provare a capirci di più…
Lohinai, Zoltan MD; Hoda, Mir Alireza MD; Fabian, Katalin MD; Ostoros, Gyula MD, PhD; Raso, Erzsebet PhD; Barbai, Tamas MS; Timar, Jozsef MD, PhD, DSc; Kovalszky, Ilona MD, PhD; Cserepes, Mihaly MS; Rozsas, Anita MS; Laszlo, Viktoria PhD; Grusch, Michael PhD; Berger, Walter PhD; Klepetko, Walter MD; Moldvay, Judit MD, PhD; Dome, Balazs MD, PhD; Hegedus, Balazs PhD. Distinct epidemiology and clinical consequence of classic versus rare EGFR mutations in lung adenocarcinoma. Journal of Thoracic Oncology: Post Acceptance: January 30, 2015 doi: 10.1097/JTO.0000000000000492
Le mutazioni comuni del recettore dell’Epidermal Growth Factor (EGFR) nei casi di NSCLC avanzato sono ormai chiaramente identificate come fattore predittivo per l’efficacia degli inibitori di tirosino-chinasi, sulla scorta di numerosi studi che hanno sancito la superiorità di gefitinib, erlotinib, afatinib rispetto alla chemioterapia. La maggior parte dei casi inseriti in tali studi erano caratterizzati dalle mutazioni più comuni, ma rimane minore l’evidenza a proposito del miglior trattamento dei casi nei quali vengano identificate mutazioni “rare”.
Uno studio condotto da ricercatori austriaci ed ungheresi, recentemente pubblicato sul Journal of Thoracic Oncology, ha descritto le caratteristiche e l’outcome di 814 pazienti con adenocarcinoma polmonare, caratterizzati per la presenza di mutazioni di KRAS e/o EGFR: di tali 814 pazienti, 645 sono stati inclusi nell’analisi dei fattori epidemiologici associati alla presenza delle varie mutazioni, e 419 pazienti in stadio avanzato, con dati di follow-up disponibili, sono stati inseriti nell’analisi di outcome.
Gli autori hanno descritto l’outcome dei pazienti in termini di sopravvivenza globale, di sopravvivenza libera da progressione e di risposta obiettiva ottenuta con l’inibitore di tirosino-chinasi.
Complessivamente, nella casistica analizzata, l’analisi molecolare ha consentito di individuare 480 casi wild-type sia per KRAS che per EGFR, pari al 59% della casistica; 216 casi con mutazione di KRAS (27%), 42 casi con mutazione “comune” di EGFR (5%), 49 casi con mutazione “rara” (pari al 6%) e 27 casi con mutazione “sinonima” di EGFR, pari al 3%. Le mutazioni sinonime sono quelle in cui la modifica della sequenza del DNA non determina modifica della sequenza aminoacidica della proteina.
Rispetto alle mutazioni comuni (che come noto sono maggiormente frequenti nei non fumatori), nella casistica ungherese le mutazioni rare sono risultate invece significativamente associate alla storia di fumo (p=0.0062).
A differenza delle mutazioni comuni, che all’analisi multivariata si rivelavano associate ad una migliore sopravvivenza, le mutazioni rare non hanno dimostrato, in questa serie, una prognosi migliore rispetto ai casi wild-type.
La terapia con inibitori di tirosino-chinasi, che risultava associata ad una percentuale di risposte obiettive elevata e consistente con la letteratura (71%) nei casi con mutazioni comuni, produceva una risposta obiettiva solo nel 37% dei casi con mutazione rara, e tale differenza risulta statisticamente significativa (P=0.039).
Alcune mutazioni “rare”, comunque (G719x and L861Q) sono associate ad una maggiore sensibilità agli inibitori di tirosino-chinasi. Gli autori, nel dettaglio, hanno confrontato la sopravvivenza libera da progressione dei casi con mutazione comune uniti ai casi con mutazione rara “sensibilizzante” (appunto G719X e L861Q), rispetto alla PFS dei casi con le altre mutazioni rare, e la PFS del primo gruppo è risultata significativamente migliore (12 mesi vs 6.2).
La rarità di alcune alterazioni molecolari rende particolarmente difficile la produzione di evidenza solida a proposito dell’efficacia dei trattamenti. Le mutazioni rare di EGFR ne sono un esempio: escluse da alcuni studi randomizzati, oppure incluse ma successivamente “scartate” dall’analisi (come nel caso degli studi con afatinib), ad oggi abbiamo ovviamente meno dati rispetto alle mutazioni più comuni.
Balazs Dome e Balazs Hegedus, due degli autori della ricerca, affermano che il loro studio dimostra chiaramente che le mutazioni rare e le mutazioni comuni dell’EGFR presentano differenti caratteristiche epidemiologiche, con un diverso impatto sulla prognosi e sulla risposta ai trattamenti oggi disponibili nella pratica clinica. Inoltre, confermando quanto già emerso da precedenti studi, anche lo studio ungherese evidenzia che alcune mutazioni “rare” si discostano dalle altre, presentando una sensibilità agli inibitori di tirosino-chinasi simile alle mutazioni comuni.
Gli autori sottolineano quindi che limitare la ricerca delle mutazioni di EGFR alle sole mutazioni comuni priverebbe probabilmente del miglior trattamento alcuni pazienti con mutazioni “rare”.