Pubblicata la seconda analisi ad interim dello studio ALTA-1L che confronta brigatinib vs crizotinib nel trattamento di pazienti con tumore polmonare con riarrangiamento di ALK.
Camidge DR, Kim HR, Ahn MJ, et al. Brigatinib Versus Crizotinib in Advanced ALK Inhibitor-Naive ALK-Positive Non-Small Cell Lung Cancer: Second Interim Analysis of the Phase III ALTA-1L Trial. J Clin Oncol 2020, published online ahead of print, Aug 11.
Lo studio della biologia molecolare dei NSCLC ha aperto le porte all’oncologia di precisione e ci ha consentito di perfezionare il trattamento mirato per sottogruppi di pazienti con adenocarcinoma polmonare, individuando piccole coorti di pazienti con tumori specificatamente addicted a una singola alterazione genica driver.
Nel caso dei tumori con riarrangiamento di ALK (ALK positivi), che rappresentano poco meno del 5% dell’intera popolazione, lo studio PROFILE 1014 (Solomon, N Engl J Med 2014) ha dimostrato che il trattamento con crizotinib – un ALK inibitore di prima generazione – era superiore in efficacia alla chemioterapia con platino in pazienti con NSCLC ALK positivo (PFS mediana 11 vs 7 mesi). In parallelo, i dati del ceritinib hanno confermato l’importanza della strategia (Shaw AT et al, N Engl J Med 2014).
Pochi anni dopo sia alectinib che brigatinib - due inibitori di generazione successiva attivi in pazienti che avevano fallito crizotinib – hanno dimostrato superiorità in efficacia rispetto al crizotinib in prima linea, come noto da due studi randomizzati di fase III. Lo studio ALEX (Peters S, et al. N Engl J Med 2017) ha testato alectinib vs crizotinib dimostrando una superiorità di alectinib in termini di PFS a 12 mesi dalla randomizzazione con una probabilità di essere liberi da progressione pari al 68.4% con alectinib rispetto al 48.7% con crizotinib (HR 0.47, 95%CI 0.34 – 0.65, p<0.001). Lo studio ALTA-1L (Camidge DR et al, N Engl J Med 2018) ha similmente dimostrato un importante vantaggio per brigatinib vs crizotinib con un tasso di PFS a 12 mesi del 67% vs 43% (HR 0.49, 95%CI 0.33-0.47, p<0.001), un tasso di risposte aumentato (71% vs 60%) e una spiccata attività sulle lesioni cerebrali (78% vs 29%).
I dati riportati nella prima pubblicazione del trial ALT-1L erano tuttavia preliminari e basati su una prima interim analisi condotta dopo 99 eventi e con un follow-up mediano decisamente breve (11 mesi nel braccio dei pazienti esposti a brigatinib, 9.3 mesi nel braccio di controllo). Gli stessi autori, nella parte terminale del manoscritto, dichiaravano che solo un follow-up più maturo avrebbe potuto confermare la validità scientifica del risultato e avrebbe permesso di contestualizzare i dati nello scenario delle possibilità terapeutiche con ALK-inibitori.
In questo contesto è da interpretare la recente pubblicazione dello studio, alla seconda analisi ad interim prepianificata con un numero di eventi pari a 150.
Nello studio i 275 pazienti inclusi erano randomizzati 1:1 a ricevere brigatinib (90 mg/die per 7 gg al fine di ridurre il rischio di tossicità polmonare, quindi 180 mg/die) ovvero crizotinib (250 mg bid). Endpoint primario dello studio era la PFS determinata da una revisione centralizzata indipendente in cieco.
Nella seconda analisi ad interim, i dati sono presentati dopo un follow-up mediano di 25 mesi, molto più adatto all’interpretazione dei risultati considerata la PFS mediana data dal trattamento.
In pazienti con NSCLC molecolarmente selezionati, il dato sulla netta superiorità del trattamento sperimentale con ALK inibitore di seconda generazione è stato confermato: la PFS mediana con revisione centralizzata è stata di 24 mesi per brigatinib vs 11 mesi per crizotinib (HR 0.49, 95%CI 0.35-0.68, p<0.001), con un tasso di risposte significativamente maggiore (74% vs 62%, OR 1.73, 95%CI 1.04-2.88) e un tasso di mantenere la risposta a 24 mesi del 51% vs 30%.
Inoltre, si confermava l’eccellente attività della molecola nel controllo della malattia intracranica (overall RR 66% vs 16%, OR 11.6, 95%CI 2.1-63.2, p=0.014; tasso di risposte complete 21% vs 2%) e il vantaggio nel tempo a deterioramento del global health status/QoL (HR 0.70, p=0.049).
Come atteso, non vi era alcuna differenza in termini di sopravvivenza mediana, considerata la possibilità del crossover alla progressione, effettivamente avvenuto in poco meno della metà dei pazienti inizialmente assegnati al trattamento standard.
Interessante anche notare - come nota di farmacocinetica - che la determinazione della concentrazione AUC del farmaco nel tempo non era predittore di prolungamento della PFS.
Lo sviluppo di questa classe di inibitori orali ha completamente rivoluzionato la strategia di trattamento dei pazienti con NSCLC e riarrangiamento di ALK. In questo contesto, il messaggio dello studio ALTA-1L rimane confermato: il nuovo ALK inibitore brigatinib si aggiunge ad alectinib nel futuro utilizzo in prima linea per pazienti con NSCLC e riarrangiamento di ALK.
Come spesso accade in oncologia, difficile resistere alla tentazione di confrontare i risultati degli studi ALEX e ALTA-1L, che avevano lo stesso braccio di controllo e che hanno condotto a risultati molto simili nell’endpoint primario (simile tasso di risposte obiettive, paragonabile attività nella malattia encefalica, pressoché identico tasso di sopravvivenza a due anni).
Chiarite alcune differenze nell’accrual dei pazienti (una precedente chemioterapia era consentita nel trial ALTA-1L ma non nello studio ALEX), nel disegno dello studio (crossover consentito nel primo trial, non consentito nel secondo) e nelle differenze tra i profili di tossicità, la partita tra i moderni inibitori si giocherà al momento della registrazione e della rimborsabilità della nuova molecola.
Sebbene sia difficile pensare a un diretto testa a testa, la sfida tra i moderni ALK inibitori includerà un confronto nel valutare la possibilità di utilizzare altri farmaci al momento della progressione, lo studio dinamico dei meccanismi di resistenza secondaria (Itchins M, et al. Oncologist 2020; Minari R, et al. Transl Lung Cancer Res 2020) e una analisi dei futuri risultati dei trial attualmente ongoing che testano questa classe di farmaci in combinazione a nuovi agenti antitumorali o ne anticipano l’uso in setting adiuvante o neoadiuvante in pazienti molecolarmente selezionati (Indini A, Rijavec E, Ghidini M, et al. Expert Opin Pharmacother 2020). Notizia rassicurante: in ognuna di queste situazioni i giovani ricercatori italiani sono sul pezzo.