Patologia polmonare
Sabato, 19 Settembre 2015

Pazienti ALK+: come cambia lo scenario…

A cura di Massimo Di Maio

I progressi nella diagnostica molecolare e nella disponibilità di farmaci rendono oggi possibile, in una minoranza di pazienti, l’impiego sequenziale di più farmaci target. Uno studio italiano descrive l’esperienza nei pazienti con tumore del polmone ALK+

Chiari Rita, Metro Giulio, Iacono Daniela, Bellezza Guido, Rebonato Alberto, Dubini Alessandra, Sperduti Isabella, Bennati Chiara, Paglialunga Luca, Burgio Marco Angelo, Baglivo Sara, Giusti Raffaele, Minotti Vincenzo, Delmonte Angelo, Crinò Lucio. Clinical impact of sequential treatment with ALK-TKIs in patients with advanced ALK-positive non-small cell lung cancer: Results of a multicenter analysis. Lung Cancer http://dx.doi.org/10.1016/j.lungcan.2015.09.009

Qualche anno fa, pensare a impiegare in sequenza due farmaci target attivi contro il medesimo target era un’ipotesi molto lontana dalla pratica clinica.

Nel giro di pochi anni, sono stati sviluppati più farmaci attivi: nel caso della traslocazione di ALK, il primo a dimostrare attività ed efficacia è stato il crizotinib, seguito dallo sviluppo di vari altri farmaci tra cui ceritinib e alectinib.

Grazie all’inserimento dei pazienti in sperimentazioni cliniche, alcuni centri hanno già una discreta casistica di pazienti trattati in sequenza con più di un farmaco. E’ il caso dell’esperienza italiana pubblicata su Lung Cancer, coordinata dal centro di Perugia diretto da Lucio Crinò: nel lavoro, Rita Chiari, Giulio Metro e gli altri colleghi descrivono l’outcome di una serie di pazienti ALK+ trattati con farmaci target.

Gli autori non descrivono soltanto l’outcome del primo trattamento con un ALK inibitore, ma anche le decisioni terapeutiche e l’outcome dopo la progressione di malattia, dividendo i pazienti in vari gruppi:

  • Quelli trattati con un secondo ALK inibitore
  • Quelli trattati con una chemioterapia
  • Quelli che hanno proseguito il trattamento in corso beyond progression
  • Quelli che hanno avuto un rapido scadimento delle condizioni e non hanno ricevuto ulteriori trattamenti.

La casistica complessivamente raccolta nei 3 centri è di 69 pazienti ALK+, tutti trattati con almeno un inibitore di ALK. Praticamente tutti i pazienti avevano ricevuto una precedente chemioterapia prima del trattamento con il primo inibitore di ALK (circa metà una linea di chemioterapia, l’altra metà 2 o 3 linee). Nella maggior parte dei casi, l’inibitore di ALK impiegato in prima battuta era il crizotinib.

Complessivamente, con il primo inibitore di ALK si è ottenuta una risposta obiettiva nel 60% dei casi, con una sopravvivenza libera da progressione mediana di circa 12 mesi.

Al momento dell’analisi, 50 dei 69 pazienti avevano avuto progressione di malattia durante il trattamento con il primo ALK inibitore. Di questi:

  • 22 pazienti su 50 hanno avuto l’opportunità di ricevere un secondo inibitore di ALK (ceritinib o alectinib);
  • 8 pazienti sono stati trattati con chemioterapia;
  • 7 pazienti hanno proseguito il trattamento con il primo inibitore di ALK beyond progression;
  • 13 pazienti hanno avuto un rapido scadimento sintomatico e non hanno quindi ricevuto ulteriori trattamenti.

Gli autori confrontano la sopravvivenza post-progressione dei suddetti gruppi, evidenziando una sopravvivenza post-progressione significativamente migliore nel gruppo di pazienti trattati con un secondo ALK inibitore rispetto a quelli che hanno poi ricevuto chemioterapia (p=0.03), e non evidenziando invece una differenza significativa tra quelli trattati con un secondo ALK inibitore e quelli che avevano continuato il primo beyond progression.

Naturalmente, il trattamento fatto alla progressione di malattia è stato condizionato da una serie di fattori, tra cui la disponibilità di un secondo farmaco anti-ALK, le condizioni del paziente al momento della progressione e le caratteristiche stesse della progressione di malattia (oligoprogressione vs progressione più massiva e rapida).

Tutte queste caratteristiche elencate possono determinare un chiaro bias di selezione, per cui il confronto dell’outcome tra i vari gruppi può risultare falsato. Tale considerazione, insieme ai piccoli numeri dello studio, impone cautela nell’interpretazione dei risultati a favore o contro ciascuna delle strategie di trattamento considerate nel lavoro.

D’altra parte il lavoro del gruppo di Perugia ha il merito di portare all’attenzione numerosi punti importanti per la pratica clinica:

1) ha senso continuare il trattamento con il medesimo farmaco beyond progression? Nei fatti tale strategia è possibile (e ragionevole) quando la progressione di malattia è un’oligo-progressione, e la prosecuzione del farmaco (eventualmente in aggiunta a un trattamento locale) sembra in grado di controllare a medio termine la malattia. La letteratura su questa strategia è aumentata, e anche alcune linee guida la contemplano, pur in assenza di una solida dimostrazione di efficacia.

2) Adesso che più di un farmaco anti-ALK è disponibile, sia la suddetta strategia di prosecuzione beyond progression, sia lo shift alla chemioterapia sono ovviamente messi in discussione dall’impiego in sequenza di un secondo farmaco anti-ALK. La casistica italiana, però, ci ricorda anche che un numero non trascurabile di pazienti potrebbe avere una progressione tanto rapida da non rendere nei fatti fattibile ulteriore trattamento.

3) Quasi tutti i pazienti della casistica, per ovvie ragioni, avevano ricevuto crizotinib come primo farmaco anti-ALK. Ora la disponibilità di altri farmaci molto attivi rende legittimo non solo il quesito scientifico della sequenza (caratterizzata dall’ottima attività del secondo farmaco in pazienti che avevano fallito il primo), ma anche l’interessante quesito relativo a quale sia il migliore farmaco da utilizzare per primo. Gli studi in corso ci diranno molto relativamente all’attività e all’efficacia di ceritinib e alectinib in prima linea.