Uno score prognostico, inizialmente messo a punto per i pazienti con tumore del polmone avanzato che ricevevano chemioterapia di seconda linea, è stato validato su chi riceve immunoterapia. Per identificare chi andrà particolarmente bene, ma anche chi avrà poco beneficio dal trattamento.
Arsela Prelaj, Giuseppe Lo Russo, Claudia Proto, Diego Signorelli, Roberto Ferrara, Giulia Galli, Alessandro De Toma, Giovanni Randon, Filippo Pagani, Benedetta Trevisan, Monica Ganzinelli, Nicoletta Zilembo, Michele Montrone, Vito Longo, Francesco Pesola, Pamela Pizzutilo, Gabriella Del Bene, Niccolò Varesano, Domenico Galetta, Valter Torri, Marina Chiara Garassino, Massimo Di Maio, Annamaria Catino. DiM: prognostic score for second or further-line immunotherapy in advanced non-small-cell lung cancer: an external validation. Clinical Lung Cancer March 06, 2020 DOI:https://doi.org/10.1016/j.cllc.2020.01.005
Prima che l’impiego dell’immunoterapia nei pazienti con tumore del polmone venisse sperimentato prima, e successivamente approvato, come trattamento di prima linea (sia come mono-terapia sia in combinazione con la chemioterapia), il primo setting nel quale i farmaci inibitori del checkpoint immunitario (antiPD-1 e antiPD-L1) sono stati approvati è stato il trattamento di seconda linea, vale a dire i pazienti che avessero fallito un precedente trattamento chemioterapico a base di platino.
Nell’ultimo quinquennio, successivamente alla dimostrazione di beneficio in sopravvivenza che nivolumab, pembrolizumab ed atezolizumab hanno ottenuto nell’ambito di sperimentazioni cliniche randomizzate rispetto al precedente standard rappresentato dal docetaxel, tanti pazienti hanno ricevuto questi farmaci nella nostra pratica clinica. L’impiego nella pratica ha evidenziato quello che già gli studi clinici suggerivano: da una parte, la difficoltà nell’identificare fattori predittivi di efficacia, dall’altra, l’evidenza che l’outcome di quei pazienti può essere molto eterogeneo, con alcuni che vanno incontro a rapida progressione di malattia e altri che ottengono un beneficio anche molto lungo.
La corretta classificazione prognostica è utile in tutti i setting di malattia, e la seconda linea del tumore del polmone non fa eccezione. L’informazione aiuta sia la comunicazione con il paziente, sia le scelte terapeutiche.
Anni fa, basandosi su una casistica di pazienti inseriti in studi randomizzati e successivamente in 2 metanalisi basate su dati individuali, è stato messo a punto uno score prognostico per il setting di seconda linea del tumore polmonare non a piccolo cellule avanzato (Di Maio M, Lama N, Morabito A, et al. Clinical assessment of patients with advanced non-small-cell lung cancer eligible for second-line chemotherapy: a prognostic score from individual data of nine randomised trials. Eur J Cancer. 2010 Mar;46(4):735-4).
Quella casistica era composta di pazienti trattati con chemioterapia in quanto braccio di controllo o braccio sperimentale di studi randomizzati (docetaxel trisettimanale, docetaxel settimanale, combinazioni contenenti docetaxel).
Lo score prognostico si basa su 6 variabili cliniche:
Lo score consente la classificazione in 3 gruppi prognostici:
Obiettivo dell’analisi pubblicata ora su Clinical Lung Cancer era quello di validare lo score su una casistica di pazienti trattati con immunoterapia, in seconda linea o successive.
Endpoint dell’analisi divalidazione dello score erano la sopravvivenza globale (overall survival, OS) e la sopravvivenza libera da progressione (progression-free survival, PFS).
I pazienti sono stati trattati in 2 centri italiani, Milano e Bari.
Complessivamente, sono stati inclusi nell’analisi 347 pazienti.
L’età mediana era pari a 66 anni (range compreso tra 30 e 88 anni). Il 67.5% dei pazienti aveva un’età inferiore a 70 anni, il 70.7% dei pazienti erano di sesso maschile, il 79.5% dei pazienti erano fumatori e il 74.6% dei casi erano adenocarcinomi. Il 23% dei pazienti aveva performance status 0, il 54.5% aveva performance status 1 e il 22.5% aveva performance status 2.
L’applicazione dello score DiM ha consentito di dividere la casistica in 3 gruppi:
- Categoria migliore 28%
- Categoria intermedia 51%
- Categoria peggiore 21%
La sopravvivenza globale mediana è risultata pari a 18.0 mesi per la categoria migliore, 8.5 mesi per la categoria intermedia (Hazard Ratio 1.83, intervallo di confidenza al 95% 1.35 – 2.47, p<0.001) e 2.6 mesi per la categoria peggiore (Hazard Ratio 5.77, intervallo di confidenza al 95% 3.99 – 8.33, p<0.001).
La sopravvivenza libera da progression mediana è risultata pari a 3.4 mesi per la categoria migliore, 3.7 mesi per la categoria intermedia (Hazard Ratio 1.35, intervallo di confidenza al 95% 1.03 – 1.77, p=0.032) e 1.9 mesi per la categoria peggiore (Hazard Ratio 2.51. intervallo di confidenza al 95% 1.80 - 3.50, p<0.001).
L’analisi ha dimostrato che lo score prognostico inizialmente costruito sui dati di pazienti con neoplasia polmonare sottoposti a chemioterapia di seconda linea consente di predire bene la prognosi anche dei pazienti sottoposti ad immunoterapia.
Le curve di sopravvivenza globale ci dimostrano che, anche in un setting ritenuto a prognosi complessivamente sfavorevole come quello di pazienti che abbiano già fallito uno schema di chemioterapia di prima linea, esiste un sottogruppo di pazienti caratterizzato da una buona aspettativa di vita, con una sopravvivenza mediana di circa 1 anno e mezzo.
D’altra parte, la categoria a prognosi peggiore dimostra un’aspettativa di vita inferiore a 3 mesi. Molti dei pazienti in questa categoria aveva un performance status 2. E’ chiaro che, non essendoci un gruppo di controllo che documenti l’aspettativa di vita della medesima categoria di pazienti quando non sottoposti a trattamento immunoterapico, possiamo sicuramente concludere che si tratta di un chiaro fattore prognostico, ma non necessariamente di un fattore predittivo dell'efficacia della terapia. Peraltro, con un’aspettativa di vita mediana inferiore a 3 mesi, il beneficio assoluto associato alla terapia, se c'è, è necessariamente modesto.
Tale dato mette quindi in dubbio la reale opportunità di un trattamento immunoterapico di seconda linea nel gruppo di pazienti che si presenti con caratteristiche prognostiche particolarmente sfavorevoli. Probabilmente, in questi pazienti, la terapia di supporto è una concreta alternativa al trattamento antitumorale attivo, da valutare al momento delle decisioni terapeutiche.
Lo score, originato nel 2010 e ora applicato ai pazienti trattati con immunoterapia, è basato su sole variabili cliniche ed ha il limite di non includere altre variabili potenzialmente importanti per la miglior definizione prognostica: valori di laboratorio (es. rapporto neutrofili/linfociti), caratteristiche molecolari (PDL1 o altri potenziali biomarker di efficacia dell'immunoterapia), alcune caratteristiche cliniche (ad esempio il fumo, non incluso nello score iniziale in quanto l'informazione non era disponibile nel database analizzato). Molti gruppi, in Italia e nel mondo, stanno lavorando al tentativo di validare strumenti prognostici (e/o predittivi) ancora migliori per i pazienti candidati al trattamento immunoterapico.