Quando si prospetta una terapia di mantenimento, la motivazione del paziente è fondamentale. Una survey esplora la percezione di pazienti e medici relativamente al mantenimento nel NSCLC avanzato: i punti di vista sono in parte diversi.
Maria Vittoria Pacchiana, Enrica Capelletto, Simona Carnio, Cesare Gridelli, Antonio Rossi, Domenico Galetta, Elisabetta Sara Montagna, Paola Bordi, Anna Ceribelli, Diego Cortinovis, Vieri Scotti, Olga Martelli, Giuseppe Valmadre, Alessandro Del Conte, Annamaria Miccianza, Raffaella Morena, Francesco Rosetti, Massimo Di Maio, Luca Ostacoli, Silvia Novello. Patients’ attitudes and physicians’ perceptions toward maintenance therapy for advanced Non Small Cell Lung Cancer: a multicentre Italian Survey. Clinical Lung Cancer 2016 Nov 22 [Epub ahead of print]
Da alcuni anni, nei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule ad istologia non squamosa, in caso di controllo di malattia dopo la chemioterapia di prima linea con platino e pemetrexed, il mantenimento con pemetrexed può essere proposto nella pratica clinica, in seguito alla dimostrazione di un significativo beneficio in sopravvivenza globale.
La terapia di mantenimento comporta, ovviamente, un’adeguata informazione del paziente, che deve essere motivato a proseguire il trattamento chemioterapico.
Qual è il punto di vista del paziente rispetto a questa strategia terapeutica? E quali sono le percezioni dell’oncologo? Ha provato a rispondere a queste domande una survey condotta in Italia, che era rivolta sia ai pazienti che ai rispettivi clinici.
La survey era basata sulla somministrazione di un questionario composto di 12 domande, e sull’impiego del Distress Thermometer Questionnaire.
Erano eleggibili per la survey pazienti maggiorenni, con tumore del polmone non a piccole cellule candidati a ricevere chemioterapia di prima linea con platino + pemetrexed.
Complessivamente, sono stati inseriti nella survey, dal dicembre 2014 al luglio 2015, 92 pazienti e 37 medici.
I pazienti completavano il questionario prima dell’inizio della chemioterapia di prima linea (T0), e più della metà di loro ha successivamente completato il questionario anche al completamento dei cicli di induzione (T1), quindi sia prima che dopo l’esperienza diretta della chemioterapia.
Ai medici, invece, veniva richiesto di completare il questionario solo al basale (T0).
La maggior parte dei pazienti dichiarava di essere favorevole alla strategia di mantenimento, sia al basale (78.9%), che al T1 (86.5%), vale a dire dopo aver avuto esperienza della chemioterapia con platino. Tutti i medici intervistati pensavano che i loro pazienti sarebbero stati favorevoli alla strategia.
Quando ai pazienti veniva chiesta la convinzione di sottoporsi alla strategia di mantenimento in cambio di vari “scenari” di efficacia del trattamento, la maggioranza dei pazienti riteneva accettabile il mantenimento in cambio di un beneficio medio di 3 mesi in sopravvivenza globale (59.8% al T0, 67.3% al T1), grossolanamente paragonabile al beneficio realmente atteso in base alle evidenze scientifiche.
La percentuale di pazienti che riteneva accettabile il mantenimento era inferiore, ma comunque non trascurabile, anche “in cambio” di un beneficio atteso inferiore (1 mese di prolungamento in sopravvivenza globale): 51.9% al tempo T0 e 44.2% al tempo T1.
La gran parte dei pazienti (75% and 71.2% al tempo T0 e al tempo T1, rispettivamente) dichiarava un’alta motivazione a sottoporsi alla terapia di mantenimento, anche in cambio del solo beneficio nel controllo dei sintomi, senza alcun beneficio ipotizzato in termini di prolungamento della sopravvivenza.
Infine, anche “in cambio” della sola stabilizzazione strumentale di malattia, senza alcun beneficio ipotizzato in termini di prolungamento della sopravvivenza, un’elevata percentuale di pazienti si dichiarava motivato a ricevere la terapia di mantenimento (69.3% al tempo T0 e 73.1% al tempo T1).
Quando ai medici si andava a chiedere di stimare la convinzione dei pazienti a ricevere terapia di mantenimento, in vari scenari che ipotizzavano diversi vantaggi associati con la terapia stessa, i medici ipotizzavano che la motivazione a ricevere la terapia sarebbe nettamente diminuita al diminuire del vantaggio prospettato. Ad esempio, nello scenario che ipotizzava un beneficio medio di 1 mese di prolungamento della sopravvivenza globale, la percentuale di accettazione della terapia stimata dai medici era del 13.5% (contro il 51.9% dei pazienti). Ancora, nello scenario che ipotizzava come unico beneficio della terapia la stabilizzazione radiologica, senza alcun vantaggio garantito in sopravvivenza globale, la percentuale di accettazione della terapia stimata dai medici era del 37.8% (rispetto al 69.3% dei pazienti). D’altra parte, la stima dei medici è risultata simile alla reale motivazione dei pazienti per lo scenario corrispondente al beneficio realisticamente ottenibile con la terapia di mantenimento (3 mesi): circa 60% sia per i medici che per i pazienti.
La percentuale di pazienti favorevole alla terapia di mantenimento, dopo chemioterapia con platino nel tumore del polmone, è elevata, e l’esperienza degli effetti collaterali associati con la chemioterapia di prima linea non modifica sostanzialmente tale propensione.
I dati della survey suggeriscono che, relativamente al beneficio clinico “minimo” necessario per il quale valga la pena ricevere la terapia di mantenimento, il punto di vista di medici e pazienti può essere significativamente diverso. Questo sottolinea l’importanza dell’adeguata comunicazione, sia prima dell’inizio della chemioterapia di prima linea, che al momento dell’eventuale decisione di prosecuzione dopo il completamento dell’induzione.
Le risposte dei pazienti sottolineano che, in questo come in altri contesti clinici, una grande importanza è mediamente attribuita all’eventuale beneficio del trattamento, oltre che in termini di prolungamento della sopravvivenza, anche in termini di qualità di vita e di controllo dei sintomi.