Nel confronto testa a testa, alectinib si dimostra molto migliore del farmaco che solo pochi anni fa ha rivoluzionato il trattamento nei pazienti con tumore del polmone avanzato ALK+: come nei versi di Dylan, le cose possono cambiare in fretta.
Solange Peters, M.D., Ph.D., D. Ross Camidge, M.D., Ph.D., Alice T. Shaw, M.D., Ph.D., Shirish Gadgeel, M.D., Jin S. Ahn, M.D., Dong-Wan Kim, M.D., Ph.D., Sai-Hong I. Ou, M.D., Ph.D., Maurice Pérol, M.D., Rafal Dziadziuszko, M.D., Rafael Rosell, M.D., Ph.D., Ali Zeaiter, M.D., Emmanuel Mitry, M.D., Ph.D., Sophie Golding, M.Sc., Bogdana Balas, M.D., Johannes Noe, Ph.D., Peter N. Morcos, Pharm.D., and Tony Mok, M.D., for the ALEX Trial Investigators Alectinib versus Crizotinib in Untreated ALK-Positive Non–Small-Cell Lung Cancer New Engl J Med June 6, 2017 DOI: 10.1056/NEJMoa1704795
Pochi anni fa, crizotinib è diventato il trattamento standard dei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (non-small cell lung cancer, NSCLC) caratterizzato dalla traslocazione di ALK (ALK+), dimostrando prima superiorità rispetto alla chemioterapia di seconda linea dopo il fallimento della chemioterapia di prima linea con platino, e successivamente dimostrando superiorità rispetto alla chemioterapia con platino, come trattamento di prima linea.
Successivamente, sono stati sviluppati altri inibitori di ALK, che hanno dimostrato una buona attività anche in pazienti che avessero già fallito crizotinib, dimostrandosi inoltre più attivi nel controllo delle metastasi cerebrali. Tra questi inibitori di nuova generazione c’è l’alectinib. Il farmaco era stato già sperimentato in un confronto testa a testa rispetto a crizotinib, come trattamento di prima linea, in una popolazione asiatica, nello studio J-ALEX, dimostrandosi superiore. Sono stati ora presentati all’ASCO 2017, e contemporaneamente pubblicati sul New England Journal of Medicine, i risultati dello studio ALEX.
ALEX era uno studio randomizzato di fase III, in aperto. Lo studio prevedeva l’eleggibilità di pazienti con NSCLC avanzato, ALK+, candidati a trattamento di prima linea.
Endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione, nella valutazione degli sperimentatori. Lo studio era dimensionato per verificare l’ipotesi della superiorità di alectinib, con un hazard ratio pari a 0.65, ipotizzando una sopravvivenza libera da progressione mediana pari a 10.9 mesi con crizotinib e 16.8 mesi con alectinib.
Endpoint secondari erano la sopravvivenza libera da progressione, basata sulla revisione indipendente, il tempo alla progressione a livello del sistema nervoso centrale, la proporzione di risposte obiettive e la sopravvivenza globale.
Lo studio ha visto la randomizzazione di 303 pazienti, 152 assegnati ad alectinib e 151 assegnati a crizotinib.
L’analisi dell’endpoint primario ha visto la superiorità di alectinib rispetto a crizotinib in termini di sopravvivenza libera da progressione. Nel dettaglio, dopo un follow-up mediano pari a 17.6 mesi nel braccio di controllo e a 18.6 mesi nel braccio sperimentale, si erano verificati 62 eventi (pari al 41%) nel braccio sperimentale e 102 eventi (pari al 68%) nel braccio di controllo. A 12 mesi dalla randomizzazione, la probabilità di essere liberi da progressione era pari al 68.4% con alectinib rispetto al 48.7% con crizotinib (hazard ratio 0.47, intervallo di confidenza al 95% 0.34 – 0.65, p<0.001).
L’analisi della sopravvivenza libera da progressione basata sulla revisione indipendente ha prodotto risultati simili rispetto all’analisi basata sulla valutazione degli sperimentatori.
L’analisi della progressione a livello del sistema nervoso centrale ha evidenziato 18 eventi nel gruppo assegnato ad alectinib (pari al 12% dei pazienti), rispetto a 68 eventi (pari al 45%) nel gruppo trattato con crizotinib (hazard ratio 0.16, intervallo di confidenza al 95% 0.10 – 0.28, p<0.001).
La proporzione di risposte obiettive è stata pari all’82.9% nel braccio trattato con alectinib, rispetto al 75.5% nel braccio trattato con crizotinib (p=0.09).
Al momento dell’analisi presentata nella pubblicazione, si erano registrati complessivamente 75 decessi, 35 nel braccio sperimentale e 40 nel braccio di controllo. La probabilità di sopravvivenza a 12 mesi risultava pari a 84.3% con alectinib e 82.5% con crizotinib (hazard ratio 0.76, intervallo di confidenza al 95% 0.48 – 1.20).
Il trattamento con alectinib è risultato associato a una minore incidenza di eventi avversi severi rispetto al trattamento con crizotinib (41% vs. 50%, rispettivamente).
Il risultato dello studio ALEX è abbastanza facile da commentare: la sopravvivenza libera da progressione è francamente superiore con alectinib, e anche il controllo della malattia a livello del sistema nervoso centrale è di gran lunga migliore. Inoltre, il trattamento con alectinib si conferma, come già evidente dagli studi precedenti e dai confronti indiretti, meglio tollerato rispetto al crizotinib.
La sopravvivenza globale, peraltro, era solo endpoint secondario dello studio, e l’analisi presentata nella pubblicazione è basata su un numero di eventi sicuramente insufficiente per descrivere, con adeguata potenza, le eventuali differenze in sopravvivenza globale in un braccio rispetto all’altro.
Nell’ottica di somministrare il miglior trattamento per primo, non c’è dubbio che i risultati dello studio ALEX indichino un nuovo trattamento di prima linea per i pazienti con NSCLC avanzato ALK+, che attualmente le linee guida internazionali raccomandano di trattare con crizotinib. Peraltro, negli ultimi anni, la disponibilità di un numero crescente di inibitori di ALK in sperimentazione clinica, ha consentito di discutere una strategia sequenziale che prevedesse l’eventuale somministrazione di un farmaco di nuova generazione al fallimento di crizotinib. Tale strategia sequenziale è ora “sovvertita” dal risultato di ALEX che “scalza” crizotinib dal trattamento di prima linea: parafrasando Dylan, che cantava "the order is rapidly fading", rimane da capire la migliore strategia terapeutica da adottare al fallimento del trattamento di prima linea. Capita spesso che, almeno a questo tipo di quesiti, gli studi registrativi non diano risposte definitive per la pratica clinica.