La descrizione di una numerosa casistica trattata negli Stati Uniti e in Australia definisce l’incidenza e la severità della tossicità polmonare da immunoterapia. Conoscere le tossicità è essenziale per gestire al meglio il trattamento.
Naidoo J, Wang X, Woo KM, Iyriboz T, Halpenny D, Cunningham J, Chaft JE, Segal NH, Callahan MK, Lesokhin AM, Rosenberg J, Voss M, Rudin CM, Rizvi H, Hou X, Rodriguez K, Albano M, Gordon RA, Leduc C, Rekhtman N, Harris B, Menzies AM, Guminski AD, Carlino MS, Kong BY, Wolchok JD, Postow MA, Long GV, Hellmann MD. Pneumonitis in Patients Treated With Anti-Programmed Death-1/Programmed Death Ligand 1 Therapy. J Clin Oncol. 2016 Sep 19. pii: JCO682005. [Epub ahead of print] PubMed PMID: 27646942.
Gli studi condotti negli ultimi anni con immune checkpoint inhibitors hanno evidenziato un profilo di tollerabilità nel complesso favorevole, ma hanno anche portato all’attenzione degli oncologi l’importanza di riconoscere prontamente, e gestire, una serie di tossicità sicuramente molto diverse rispetto alle “classiche” tossicità della chemioterapia.
La tossicità polmonare, tra quelle possibili con l’immunoterapia, è complessivamente non frequente, ma è potenzialmente fatale.
Allo scopo di descrivere l’incidenza e le caratteristiche cliniche dell’andamento della tossicità polmonare in una numerosa casistica di pazienti trattati con immunoterapia, Naidoo e colleghi hanno analizzato i pazienti trattati con anti-PD-1 o anti-PD-L1, sia da soli che in combinazione con farmaci anti-CTLA4, presso due centri, il Memorial Sloan Kettering Cancer Center negli Stati Uniti e il Melanoma Institute of Australia.
La casistica statunitense era affetta da vari tumori solidi, ed era stata trattata tra il 2009 ed il 2014, mentre la casistica australiana era affetta esclusivamente da melanoma, ed era stata trattata dal 2013 al 2015.
Secondo i Common Terminology Criteria for Adverse Events (CTCAE), la tossicità polmonare va codificata come:
Complessivamente, sui 915 pazienti inseriti in studio, che avevano ricevuto anticorpi anti-PD-1 oppure anti-PD-L1, è stata fatta una diagnosi di polmonite in 43 casi (pari al 5% del totale, intervallo di confidenza al 95% 3%-6%).
La percentuale è risultata pressoché identica nelle casistiche delle 2 istituzioni partecipanti allo studio: presso il Memorial Sloan Kettering Cancer Center, è stata fatta diagnosi di polmonite in 27 casi su 578 (5%); presso il Melanoma Institute of Australia, è stata fatta diagnosi di polmonite in 16 casi su 337 (5%).
E’ stata descritta una grande variabilità nel tempo di insorgenza della polmonite rispetto all’inizio del trattamento immunoterapico, con un range variabile da soli 9 giorni dall’inizio del trattamento a oltre 19 mesi.
L’incidenza di polmonite è risultata maggiore nei pazienti trattati con la combinazione immunoterapica (anticorpo anti-PD-1 o anti-PD-L1 + anti-CTLA4) rispetto ai pazienti trattati con l’anti-PD-L1 o PD1 in ionoterapia. Nel dettaglio, l’incidenza di polmonite è risultata pari al 10% (19 su 199) con la combinazione, rispetto al 3% (24 su 716) con la monoterapia (p<0.01).
L’incidenza di polmonite è risultata simile nei pazienti affetti da melanoma rispetto ai pazienti affetti da tumore del polmone non a piccole cellule:
Per quanto riguarda la severità della polmonite, nella maggioranza dei casi (31 su 43, pari al 72%) l’evento avverso era di grado 1 o grado 2, e nell’86% dei casi (37 su 43) è poi migliorato e risolto con la sospensione del trattamento e/o la terapia immunosoppressiva.
In cinque casi, è stato descritto un peggioramento clinico della polmonite e un andamento letale.
I dati riportati nella pubblicazione sul Journal of Clinical Oncology evidenziano che la polmonite presenta un’incidenza limitata, ma sicuramente non trascurabile, nei pazienti trattati con immunoterapia, indipendentemente dalla patologia di base. La maggior parte delle polmoniti sono di severità lieve / moderata, e possono essere gestite con una tempestiva sospensione del trattamento e con la necessaria terapia immunosoppressiva. Anche se raramente, la polmonite può peggiorare nonostante la terapia immunosoppressiva e i 5 casi letali, sebbene percentualmente limitati, ci ricordano che la possibile comparsa dell’evento avverso non va sottovalutata.
I pazienti in trattamento con immunoterapia devono essere monitorati per segni e sintomi di polmonite, quali alterazioni radiografiche (p.e., opacità focali a vetro smerigliato, infiltrati a chiazze), dispnea ed ipossia.
In caso di polmonite di grado 3 o 4, da scheda tecnica il farmaco immunoterapico deve essere interrotto permanentemente, e devono essere iniziati i corticosteroidi equivalenti ad una dose di 2-4 mg/kg/die di metilprednisolone.
In caso di polmonite (sintomatica) di grado 2, il farmaco immunoterapico deve essere sospeso e devono essere iniziati i corticosteroidi equivalenti ad una dose di 1 mg/kg/die di metilprednisolone. Quando si verifica il miglioramento, la somministrazione dell’immunoterapia può essere ripresa dopo la sospensione graduale dei corticosteroidi. Se vi è un peggioramento o non vi è alcun miglioramento nonostante l'inizio dei corticosteroidi, la dose dei corticosteroidi deve esser e aumentata ad una equivalente a 2-4 mg/kg/die di metilprednisolone e il trattamento con immunoterapia deve essere interrotto permanentemente.