Nel fitto panorama degli studi in corso che valutano le combinazioni di più immunoterapici allo scopo di vincere la resistenza del tumore, ecco il “superagonista” dell’interleuchina-15. Solo uno studio di fase I, ma il razionale è intrigante…
Wrangle, John M et al. ALT-803, an IL-15 superagonist, in combination with nivolumab in patients with metastatic non-small cell lung cancer: a non-randomised, open-label, phase 1b trial. The Lancet Oncology [Epub ahead of print April 5 2018] https://doi.org/10.1016/S1470-2045(18)30148-7
I farmaci immunoterapici sono entrati nella pratica clinica nel trattamento dei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC, non-small cell lung cancer) avanzato, sulla base di studi che hanno dimostrato un prolungamento della sopravvivenza globale rispetto alla chemioterapia. Nel caso del trattamento di seconda linea, tale beneficio è stato dimostrato anche in pazienti non selezionati sulla base di alcun biomarker. Tuttavia, la probabilità di risposta al trattamento rimane purtroppo limitata (pari a circa il 20% dei pazienti non selezionati), e la rimanente maggioranza dei pazienti non mostra risposta obiettiva. In aggiunta ai meccanismi di resistenza cosiddetta “intrinseca”, la resistenza “acquisita” fa sì che anche la grande maggioranza dei casi sensibili, dopo un’iniziale risposta al trattamento, vada incontro a progressione di malattia.
Attualmente, nel tumore del polmone come in altre neoplasie, sono in corso numerosi studi clinici che valutano la combinazione di un immune checkpoint inhibitor con altri farmaci, allo scopo di contrastare la resistenza da parte delle cellule tumorali e migliorare l’outcome raggiunto con l’immunoterapia da sola. Le categorie di farmaci oggetto di tali studi sono numerose. Tra esse, farmaci agonisti del pathway dell’interleuchina-2 e dell’interleuchina 15. Tali farmaci, quando somministrati come agenti singoli, hanno documentato una promettente attività.
In particolare, l’interleuchina-15 (IL-15) è un fattore critico per lo sviluppo, la proliferazione e l’attivazione dei natural killer (NK) e delle cellule T CD8+ della memoria. In modelli preclinici, tale citochina evidenzia una potente attività antitumorale nei confronti delle cellule tumorali in modelli animali di laboratorio. Lo sviluppo di approcci farmacologici basati sul pathway dell’interleuchina 15 presenta alcune difficoltà, tra cui difficoltà di produzione in linee cellulari e la scarsa emivita della molecola in vivo. Per cercare di superare tali difficoltà, è stata messa a punto in laboratorio una variante dell’IL15 con amentata attività biologica (IL-15N72D), che è in grado di formare complessi stabili eterodimerici con il dominio solubile del recettore IL-15Ralfa. Tali complessi (ALT-803) evidenziano un’aumentata attività biologica.
La combinazione di ALT-803 e nivolumab è stata testata in uno studio di fase IB, non randomizzato, condotto in pazienti adulti affetti da tumore del polmone NSCLC, in stadio IIIB o IV, in progressione dopo precedente trattamento sistemico, trattati presso 3 centri accademici statunitensi. I pazienti avevano un performance status 0 o 1 secondo ECOG.
Lo studio prevedeva la somministrazione endovenosa di nivolumab alla dose di 3 mg/kg (sostituita poi dalla dose fissa di 240 mg) ogni 14 giorni, e la somministrazione sottocutanea di ALT-803, una volta a settimana, per 5 settimane seguite da una settimana di pausa, per 4 cicli complessivi. I pazienti potevano iniziare il nivolumab insieme all’ALT-803, oppure averlo già ricevuto precedentemente e proseguirlo iniziando la combinazione al momento della progressione di malattia. ALT-803 è stato somministrato a 4 dosi crescenti: 6, 10, 15, oppure 20 μg/kg.
Endpoint primario dello studio era la descrizione della tollerabilità e la definizione della dose raccomandata per lo studio di fase II.
Tra il gennaio 2016 e il giugno 2017, lo studio ha visto l’accrual di 23 pazienti, dei quali 21 hanno ricevuto il trattamento sperimentale.
Non sono state registrate tossicità dose-limitanti, e la dose massima tollerata non è stata raggiunta.
Gli eventi avversi più comuni sono state le reazioni nel sito di iniezione (90% dei pazienti) e una sintomatologia simil-influenzale (nel 71% dei pazienti). E’ stato riportato un caso di infarto del miocardio (grado 3). Non sono stati registrati eventi avversi di grado 4 o letali.
Sulla base di tali risultati, in assenza di tossicità dose-limitanti, la dose raccomandata per la conduzione dello studio di fase II (in corso) è di 20 μg/kg di ALT-803, somministrato per via sottocutanea una volta alla settimana, in combinazione con la dose standard di nivolumab.
Gli autori concludono che ALT-803 può essere somministrato in combinazione con nivolumab, senza effetti collaterali inaccettabili.
Lo studio rappresenta la prima tappa dello sviluppo di una combinazione che, al pari di altre in sperimentazione, potrebbe migliorare i risultati attualmente ottenuti con l’impiego di immune checkpoint inhibitors in monoterapia. Come sottolineato da Christian Rolfo e Evelien Smits nell’editoriale che accompagna la pubblicazione di Lancet Oncology, pur trattandosi di risultati assolutamente preliminari e ottenuti su un numero di pazienti molto piccolo, c’è molto interesse in questo studio di fase I in quanto le 2 classi di farmaci oggetto della combinazione (agonisti dell’IL15 e anti-PD1/PDL1) sono considerate sul podio delle 2-3 classi di farmaci immunoterapici più promettenti per il trattamento dei tumori.
Ad oggi, non sappiamo ancora se le combinazioni di più strategie farmacologiche immunoterapiche saranno in grado di aumentare la probabilità di efficacia e migliorare l’outcome dei pazienti affetti da tumore. E’ però probabile che, nei prossimi anni, i risultati di studi clinici come questo, e dei successivi studi di fase II e fase III, arricchiranno molto l’evidenza disponibile.
Volutamente, visto che si tratta di uno studio di fase I che aveva come unico obiettivo quello di valutare la tollerabilità della combinazione, non abbiamo enfatizzato i risultati di attività. Peraltro, le risposte osservate, sia in pazienti naive al trattamento con nivolumab sia in pazienti che avevano ricevuto la combinazione dopo il fallimento della precedente monoterapia con nivolumab, rappresentano un’ottima premessa per attendere con interesse i risultati delle successive fasi di sperimentazione.