Presentati all’ASCO e pubblicati sul New England Journal of Medicine i risultati di adagrasib nei pazienti con tumore del polmone avanzato con mutazione di KRAS G12C. Si tratta del medesimo setting dove già sotorasib aveva infranto il tabù: ora KRAS mutato è un target.
Pasi A. Jänne, M.D., Ph.D., Gregory J. Riely, M.D., Ph.D., Shirish M. Gadgeel, M.D., Rebecca S. Heist, M.D., M.P.H., Sai-Hong I. Ou, M.D., Ph.D., Jose M. Pacheco, M.D., Melissa L. Johnson, M.D., Joshua K. Sabari, M.D., Konstantinos Leventakos, M.D., Ph.D., Edwin Yau, M.D., Ph.D., Lyudmila Bazhenova, M.D., Marcelo V. Negrao, M.D., Nathan A. Pennell, M.D., Ph.D., Jun Zhang, M.D., Ph.D., Kenna Anderes, Ph.D., Hirak Der-Torossian, M.D., Thian Kheoh, Ph.D., Karen Velastegui, B.Sc., Xiaohong Yan, Ph.D., James G. Christensen, Ph.D., Richard C. Chao, M.D., and Alexander I. Spira, M.D., Ph.D. Adagrasib in Non–Small-Cell Lung Cancer Harboring a KRASG12C Mutation. New England Journal of Medicine, June 3, 2022.
A differenza di altri target molecolari, la mutazione di KRAS, pur essendo presente in una percentuale significativa di casi di tumore del polmone non a piccole cellule avanzato, non è stata fino ad ora trattabile con farmaci specifici.
Negli ultimi tempi, sono stati messi a punto e sperimentati vari inibitori di KRAS, in particolare della mutazione G12C. A giugno dell’anno scorso, proprio su Oncotwitting abbiamo commentato i risultati ottenuti con sotorasib, che adesso, pur non essendo ancora disponibile nella pratica clinica italiana, può essere richiesto mediante un programma di uso compassionevole (https://www.oncotwitting.it/patologia-polmonare/never-say-undruggable-again-quando-la-mutazione-di-kras-diventa-target).
Nello stesso setting di malattia si collocano i risultati dello studio KRYSTAL-1, presentato il 3 giugno 2022 all’ASCO e pubblicato simultaneamente sul New England Journal of Medicine.
Lo studio di fase II ha valutato l’impiego della somministrazione orale di adagrasib (alla dose di 600 mg due volte al giorno), in pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) avanzato, con mutazione di KRAS G12C, che avessero già ricevuto chemioterapia a base di platino e un farmaco immunoterapico antiPD1 o antiPDL1.
Endpoint primario dello studio era la proporzione di risposte obiettive, valutata mediante revisione centralizzata.
Endpoint secondari dello studio includevano la durata della risposta, la sopravvivenza libera da progressione, la sopravvivenza globale e la sicurezza.
L’analisi pubblicata sulle pagine del New England Journal of Medicine, aggiornata al 15 ottobre 2021, riguarda 116 pazienti, con un follow-up mediano di 12.9 mesi.
Si tratta di una popolazione di pazienti pretrattata: il 98.3% dei pazienti aveva ricevuto sia chemioterapia che immunoterapia.
Su 112 pazienti con malattia misurabile alla valutazione basale, inclusi nell’analisi dell’endpoint primario, una risposta obiettiva è stata confermata in 48 casi (pari al 42.9%).
La durata mediana della risposta è stata pari a 8.5 mesi (intervallo di confidenza al 95% 6.2 – 13.8), e la sopravvivenza libera da progressione mediana è risultata pari a 6.5 mesi (intervallo di confidenza al 95% 4.7 – 8,4).
Con un follow-up mediano di 15.6 mesi, la sopravvivenza globale mediana è risultata pari a 12.6 mesi (intervallo di confidenza al 95%, 9.2 – 19.2).
Considerando il sottogruppo di 33 pazienti con metastasi encefaliche precedentemente trattate e clinicamente stabili, la proporzione di risposte obiettive intracranica è risultata pari al 33.3% (intervallo di confidenza al 95%, 18% – 51.8%).
Eventi avversi correlati al trattamento sono stati riportati nel 97.4% dei pazienti, nel dettaglio eventi di grado 1-2 nel 52.6% e di grado 3-4 nel 44.8%, compresi due eventi letali. Il trattamento è stato interrotto definitivamente per tossicità nel 6.9% dei pazienti.
Sulla base dei risultati sopra sintetizzati, presentati in sessione orale all’ASCO 2022 e pubblicati simultaneamente sul New England, gli autori concludono che l’adagrasib si dimostra clinicamente efficace nei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule avanzato, con mutazione di KRAS G12C, che abbiano già ricevuto precedenti trattamenti sistemici.
Come fatto anche dalla discussant che ha commentato la presentazione orale all’ASCO, è naturale fare un paragone con i risultati ottenuti dal farmaco “cugino” sotorasib: l’attività appare simile, con una sopravvivenza libera da progressione e una sopravvivenza globale sovrapponibili. Come spesso accade negli ultimi anni in numerosi setting di trattamento, stiamo assistendo allo sviluppo parallelo di vari farmaci diretti contro il medesimo target. In assenza di evidenti differenze di attività e di efficacia, che come nella maggior parte dei casi analoghi dovranno essere desunte da confronti indiretti e difficilmente da studi testa a testa, la tollerabilità può rivestire un ruolo importante nella scelta del trattamento preferibile.
L’articolo del New England si conclude con l’affermazione che lo studio di fase II di adagrasib non ha prodotto segnali nuovi di tossicità rispetto a quanto era già noto. Peraltro, le percentuali di tossicità (alcune “soggettive” e a rischio di impatto sulla qualità di vita) non sono trascurabili, e un confronto indiretto con le percentuali riportate per sotorasib sembra favorire quest’ultimo.
Fino a pochissimo tempo fa, KRAS era considerato un target “non target”, nel senso che non esisteva alcuna possibilità terapeutica diretta, a differenza di altri oncogeni alterati in alcuni casi di tumore del polmone. I risultati osservati negli ultimi tempi con sotorasib e con adagrasib hanno quindi rappresentato un cambio di paradigma. I dati di attività e i dati preliminari di efficacia suggeriscono che l’impatto di questi farmaci sulla storia naturale di malattia non è al momento paragonabile a quanto possiamo oggi ottenere con i farmaci antiEGFR e i farmaci antiALK nei casi caratterizzati dalle rispettive alterazioni molecolari.
La percentuale di risposte obiettive, la durata della risposta e la sopravvivenza libera da progressione pongono questi farmaci su un gradino “inferiore” rispetto ai trattamenti usati ad esempio per EGFR ed ALK. Tuttavia, è notevole la percentuale di risposte obiettive ottenuta in una popolazione di pazienti ampiamente pretrattata, sia con chemioterapia che con immunoterapia. L’outcome di questi pazienti, con malattia in progressione, nella pratica clinica sarebbe stato probabilmente molto più modesto, e questo aumenta il peso specifico dei risultati che stiamo commentando.
Altro elemento promettente è la percentuale tutt’altro che trascurabile di risposta intracranica nei casi con metastasi encefaliche. Immaginare di avere a disposizione una chance terapeutica potenzialmente attiva in pazienti con malattia avanzata, che abbiano già fallito sia la chemioterapia che l’immunoterapia, e per giunta con metastasi encefaliche che notoriamente si associano a una prognosi peggiore, è sicuramente confortante, pur avendo a disposizione solo i risultati di uno studio a singolo braccio e non un confronto con le terapie standard.