Le misure di prevenzione del rischio di infezione da SARS-CoV-2 fra i pazienti oncologici devono essere massime. La mortalità fra i pazienti oncologici che si ammalano di COVID-19 è alta, lo testimoniano i dati assemblati della letteratura scientifica.
Da ESMO 2020 a JCO, i risultati dello studio MONARCH-E sono apparsi particolarmente entusiasmanti evidenziando il beneficio dell'aggiunta di abemaciclib al trattamento endocrino standard in pazienti con carcinoma mammario luminale ad alto rischio.
Lo studio CARD aveva già sancito la superiorità del cabazitaxel rispetto a abiraterone o enzalutamide nei pazienti con tumore della prostata che già avessero fallito una terapia ormonale. Meno scontato, forse, era il risultato di qualità di vita, ora pubblicato su Lancet Oncology.
Dopo la presentazione all’ASCO di qualche mese fa, pubblicati sul New England Journal of Medicine i risultati dello studio JAVELIN, che ha dimostrato un prolungamento della sopravvivenza globale impiegando l’immunoterapia come mantenimento dopo la chemioterapia con platino nei pazienti con tumore dell’urotelio metastatico.
Pubblicati i risultati aggiornati dello studio COMBI AD che ha testato la combinazione dabrafenib/trametinib dopo asportazione chirurgica di melanoma in stadio III mutazione di BRAF.
Lo studio ha indagato il valore prognostico di fattori biologici, tra cui grado istologico, lo stato dei recettori estrogenici (ER) e dei recettori progestinici (PgR), e lo stato di HER2 nel carcinoma mammario in stadio IV de novo.
I dati dello studio KEYNOTE-158 evidenziano più risposte, quando si impiega l’immunoterapia, nei casi con TMB elevato. Basta questo dato a supportarne l’introduzione nella pratica clinica? Probabilmente i punti deboli sono almeno pari ai punti di forza.