Tra i vari significati del termine inglese “boost” vi sono quello di “spinta” intesa come aiuto e quello di “sovralimentazione” per aumentare la potenza. Entrambi calzano a pennello se si pensa al valore del boost nel trattamento radiante del carcinoma duttale in situ della mammella. Dopo chirurgia conservativa e radioterapia, l’aggiunta del boost sul letto tumorale (una sovradose di ...
Uno studio condotto in pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule, in stadio I, non eleggibili per chirurgia e trattati con radioterapia stereotassica, documenta risultati eccellenti anche a distanza di molti anni.
Lo studio iberico dimostra un vantaggio per la switch maintenance con vinflunina nei pazienti con neoplasia uroteliale che hanno ottenuto un controllo di malattia con il trattamento di prima linea. Farmaco non particolarmente amato in Italia. Ma si sa, dopo il divorzio c'è il mantenimento...
Uno studio randomizzato dimostra che una dose più alta di ipilimumab, anche se più tossica, comporta miglior sopravvivenza nel melanoma avanzato… Insomma, anche con l’immunoterapia la dose conta, ed è bene tenerlo presente nello sviluppo dei farmaci.
Efficacia verso tollerabilità, compromesso non sempre facile. Nel contesto del trattamento neoadiuvante del carcinoma mammario, lo studio GeparSepto dimostra che una riduzione di dose di nab-paclitaxel limita la tossicità senza pregiudicare la probabilità di risposta patologica completa.
E' utile proseguire l'inibizione di HER2 in linea successiva in pazienti con carcinoma gastrico avanzato HER2 positivo? Questa è la domanda a cui vuole rispondere lo studio randomizzato GATSBY, ma si prevede l'interesse suscitato dalla pubblicazione sarà inferiore a quella del film con Di Caprio.
Immunoconiugare significa mettere insieme un agente citotossico con un anticorpo diretto contro un bersaglio delle tumorali. Nel trattamento del carcinoma mammario HER2-positivo, l’esperimento è riuscito bene con il T-DM1. Sarà possibile replicare nella patologia triple negative? Uno studio di fase II riporta risultati promettenti con l’impiego di sacituzumab govitecan.