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Un commento alla letteratura scientifica diffuso attraverso twitter
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Un’analisi post-hoc dello studio MAGIC conferma che il coinvolgimento linfonodale, e non la risposta patologica, sia il più potente fattore prognostico negativo per pazienti con carcinoma gastrico resecabile che completano chemioterapia preoperatoria e vanno a chirurgia.
Può la mutazione del gene per i recettori estrogenici guidare la scelta del trattamento endocrino in donne con carcinoma mammario avanzato? Un'analisi applicata a due studi clinici randomizzati (SoFEA e Paloma3) pone le basi per definire il ruolo predittivo dello stato mutazionale di ESR1.
Qualche mese fa, erano stati pubblicati i dati di attività di dabrafenib in monoterapia nei pazienti con tumore del polmone con mutazione di BRAF: attività incoraggiante, ma non clamorosa. Molto più attiva, a giudicare dallo studio di fase II appena pubblicato, sembra la combinazione di dabrafenib e trametinib.
Nonostante gli statement delle società scientifiche suggeriscano di limitare l’uso della PET nella pratica clinica, emergono dati sulla possibile utilità dell’indagine metabolica nel carcinoma del pancreas. Tempo per un ripensamento?
Dalla sessione plenaria dell'ASCO all'ambulatorio il passo è breve. Il tam tam mediatico renderà frequente la domanda "Dottore, cosa ne pensa di proseguire con ulteriori 5 anni di letrozolo?". A porre il quesito saranno donne con carcinoma mammario già in trattamento adiuvante con l'inibitore dell'aromatasi. La risposta la si potrà cercare analizzando i risultati dello studio randomizzato ...
E' ben noto che la perdita di peso alla diagnosi è un fattore prognostico negativo nei pazienti con tumore del polmone avanzato. Uno studio suggerisce anche che l'aumento di peso durante il trattamento può essere invece associato a una prognosi migliore.
Non è lo spot della birra danese, ma quello di un trial tedesco. A quasi due anni dalla prima pubblicazione (ormai decantata), continua il fermento d’informazione dal profondo fusto contenente i dati dello studio. Spilliamo quindi nuova conoscenza: ora è la volta del CEA come predittore di risposta al trattamento con EGFR-inibitore per pazienti con patologia colorettale avanzata.